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mercoledì 23 marzo 2016

#MIELOMA, dalla Svezia un nuovo farmaco, il tasquinimod


LUND (Svezia) - Active Biotech (Nasdaq Stoccolma: ACTI) ha annunciato oggi che una domanda di brevetto per il trattamento del mieloma multiplo con tasquinimod compound della società, insieme ad un rapporto di ricerca internazionale, sarà pubblica entro breve su di WIPO (World Intellectual Property Organization) sito web www.wipo.int. Con questo , il trattamento del mieloma multiplo con tasquinimod è potenzialmente protetta fino al 2035. Con l'obiettivo di ampliare la protezione brevettuale per tasquinimod, un programma preclinico è stato eseguito e ottimi risultati sono stati raggiunti in modelli per il mieloma multiploLa necessità medica esistente e la possibilità per i trattamenti di combinazione rende tasquinimod, con la sua modalità d'azione unica, un candidato forte sviluppo all'interno di questa indicazione.
"L'effetto positivo sulla sopravvivenza libera da progressione (PFS) nel carcinoma della prostata, unitamente alla documentazione completa di sicurezza a portata di mano, rende tasquinimod una potenziale alternativa futuro trattamento per il mieloma multiplo. La società cercherà attivamente un partner di collaborazione per lo sviluppo di tasquinimod all'interno di questa indicazione ", afferma Tomas Leanderson, CEO Biotech attivo.
Circa due persone su diecimila persone sono affetti da mieloma multiplo che significa che i farmaci candidati per il trattamento di questa indicazione possono ricevere lo status di farmaco orfano. La designazione di farmaco orfano è implementato per promuovere lo sviluppo di farmaci che possono fornire benefici significativi per i pazienti affetti da malattie rare, identificate come pericolosa per la vita o cronicamente debilitanti. Lo status di farmaco orfano dà un più facile accesso alla consulenza normativa, riduce i costi per l'applicazione del mercato, nonché l'esclusiva di mercato se il prodotto è stato registrato. Nel corso del 2016 lo stato di farmaco orfano per il trattamento del mieloma multiplo con tasquinimod sarà presentate alle autorità in Europa e negli Stati Uniti.
Tasquinimod è un immunomodulante, composto anti-metastatico che colpisce indirettamente la capacità del tumore di crescere e diffondersi. 

Terapia genica nel #MIELOMA, accordo tra due biotech milanesi

MILANO,  23 marzo - Le due biotech milanesi MolMed e Genenta Science hanno annunciato oggi di aver siglato un accordo pluriennale di collaborazione per lo sviluppo e la produzione di una terapia genica per il trattamento del mieloma multiplo. In base all’accordo, MolMed fornirà a Genenta Science i servizi di sviluppo e la validazione dei metodi di produzione analitici necessari per la sperimentazione clinica del prodotto di Genenta. MolMed inoltre supporterà la predisposizione e l’aggiornamento della documentazione regolatoria necessaria per ottenere l’autorizzazione per l’avvio della sperimentazione clinica. Una volta ottenuta l’autorizzazione, MolMed supporterà Genenta nella produzione in esclusiva dei lotti impiegati in tutte le fasi di sviluppo clinico in cui la terapia genica del mieloma multiplo sarà oggetto di studio.  “Lo scopo di Genenta Science è di portare rapidamente alla sperimentazione clinica, quindi sul paziente, il risultato di anni di attività di ricerca sullo sviluppo di terapie geniche innovative per l’inibizione dei tumori, mantenendo sempre come primo obiettivo il rigore scientifico e la sicurezza dei pazienti – ha dichiarato Pierluigi Paracchi, presidente e amministratore delegato di Genenta Science – la collaborazione con MolMed ci consente di perseguire efficacemente tale obiettivo”.
“Siamo fiduciosi che la partnership che prende il via oggi con Genenta sarà proficua e di successo – ha dichiarato Riccardo Palmisano, amministratore delegato di MolMed – ma ciò che fin da subito ci rende ulteriormente soddisfatti dell’accordo appena siglato è che coinvolge una promettente realtà biotech italiana come Genenta e che in tal modo MolMed possa essere parte attiva nel processo di rafforzamento e crescita del settore sul nostro territorio”. Nata come spin off dell’Istituto San Raffaele dalle ricerche di Naldini sull’utilizzo di vettori virali derivati dal virus Hiv, Genenta Science ha completato nel marzo del 2015 un round di investimento pari 10 milioni di euro.

domenica 13 marzo 2016

Linfociti T, sviluppi "significativi" nella cura del Mieloma e di altri tumori del sangue


Non solo un miglioramento della sopravvivenza, ma anche una possibile cura. È questo ciò intravedono all’orizzonte gli ricercatori impegnati nella ricerca sulle cosiddette CAR-T cells, linfociti T modificati geneticamente in modo da esprimere un recettore chimerico di un antigene (CAR) espresso sulle cellule tumorali. Vale a dire, selezionare 'soldati scelti' del sistema immunitario in grado di riconoscere e uccidere selettivamente le cellule tumorali del sangue. Si tratta di produrre "cellule killer T geneticamente elaborate": una sorta di arma artificialmente prodotta dal sistema immunitario, in grado di "convivere con qualsiasi cancro nel sistema sanguigno" e contrastarlo. In Italia lo straordinario risultato è statto ottenuto grazie allo studio firmato Irccs ospedale San Raffaele e università Vita-Salute San Raffaele, presentato recentemente a Washington in occasione del meeting annuale dell'American Association for the Advancement of Science (Aaas)
Quest’area di ricerca è oggi tra le più importanti in oncoematologia e lo testimoniano i numerosi lavori presentati sull’argomento anche al congresso dell’American Society of Hematology (ASH), a Orlando.
Linfomi non-Hodgkin recidivati o refrattari
Joshua Brody, direttore del Lymphoma Immunotherapy Program del Mount Sinai Hospital di New York, ha definito i nuovi dati “uno sviluppo significativo” e ne ha sottolineato le importanti implicazioni. "Con queste terapie a base di CAR T-cells, abbiamo visto pazienti in remissione, in alcuni casi si è trattato di remissioni complete e alcune di queste si sono dimostrate durature nel tempo" ha detto l’esperto in un’intervista.
Brody ha ricordato uno studio del gruppo di Stephen Schuster, dell'Università della Pennsylvania di Philadelphia, in cui si sono valutate sicurezza ed efficacia della terapia con CAR T-cells anti-CD19 nei pazienti con linfomi non-Hodgkin recidivati o refrattari, tra cui 21 soggetti con linfoma diffuso a grandi cellule B. "È possibile che i pazienti siano guariti" ha aggiunto, sottolineando, tuttavia, che per esserne sicuri occorrono diversi anni di follow-up continuativo.
Steven I. Park, direttore del Lineberger Lymphoma Oncology Program della University of North Carolina si è detto d’accordo col collega nel definire i risultati “entusiasmanti”. L’esperto ha ricordato la percentuale di risposta complessiva del 68%, sottolineando che tutti i pazienti con linfoma follicolare hanno risposto al trattamento, e la sopravvivenza libera da progressione a un anno del 62%.
"La tossicità è stata ritenuta gestibile" ha detto, osservando che 16 pazienti hanno sviluppato la sindrome da rilascio di citochine. 
Ha poi aggiunto, che "il follow-up è relativamente breve, ma si tratta certamente di un trattamento molto promettente per il linfoma".
Il linfoma è attualmente al quinto posto per incidenza fra i vari tumori e il sottotipo più comune è il linfoma diffuso a grandi cellule B. I risultati degli studi sull’impiego delle CAR T-cells in questo sottotipo di linfoma sono stati, secondo Park, tra i più interessanti presentati, anche perche “questi pazienti non hanno a disposizione altre terapie che possano offrire lunghe remissioni, e tanto meno una cura”.
Leucemia linfatica cronica
Un altro studio interessante, che ha dato risultati positivi, è stato condotto da Cameron J. Turtle e altri ricercatori del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, su pazienti affetti da leucemia linfatica cronica. Anche in questo caso si sono utilizzate cellule T che esprimono un CAR diretto contro l’antigene CD19.
"In questo studio, il trattamento è apparso più efficace quando è stata aggiunta fludarabina alla terapia a base di ciclofosfamide per la deplezione dei linfociti" ha detto Park, sottolineando che la percentuale di risposta completa ottenuta - 42% - è, di nuovo, molto promettente.
Riguardo alla chemioterapia, Brody ha osservato che “i ricercatori hanno cercato chemioterapie più dolci e più aggressive ed è emerso, non sorprendentemente, che il tipo più aggressiv, permette alle CAR T-cells di sopravvivere più a lungo nel paziente, essere maggiormente amplificate e combattere meglio il tumore".
L’ematologo ha aggiunto, tuttavia, che questa è una buona notizia, ma fino a un certo punto, in quanto la chemioterapia porta con sé effetti indesiderati aggiuntivi, di cui il principale è la sindrome da rilascio di citochine. "Questo è un grosso ostacolo che dobbiamo ancora affrontare" ha detto Brody.
Gestire la tossicità
Su questo fronte, lo specialista ha accennato al fatto che l’anti-IL6 tocilizumab sembra dimezzare la frequenza della sindrome da rilascio di citochine e a una nuova generazione di terapie a base di CAR T-cells dotate di un “interruttore di sicurezza molecolare” che può essere attivato con una pillola. Tuttavia, ha detto che al momento è ancora un po’ prematuro parlare di queste possibilità.
Catriona Jamieson, direttore della ricerca sulle cellule staminali presso il Moores Cancer Center della University of California di San Diego, ha citato uno studio di un gruppo giapponese, guidato da Reona Sakemura, dell’Università di Nagoya, che sta cercando di modificare la tecnologia di produzione delle CAR T-cells. 
"I ricercatori stavano cercando di realizzare un CAR anti-CD19 che possa essere attivato con la tetraciclina e disattivato togliendola" ha riferito la specialista, aggiungendo che sono emersi però alcuni problemi, tra cui il fatto che si è osservata una certa attività anche in assenza di tetraciclina. Cionondimeno, secondo la Jamieson questa strategia potrebbe essere davvero interessante, se fosse applicabile.
"È una strategia molto innovativa" ha detto. "In caso di sindrome da rilascio di citochine, forse potrebbe essere un sistema per bloccarla prima che diventi letale".
Mieloma multiplo e altri tumori
Anche se i risultati ottenuti finora nel linfoma e nella leucemia sono tutt’altro che consolidati, la ricerca si sta muovendo verso l’impiego delle CAR T-cells anche in altri tumori comuni, ematologici e non, come il mieloma multiplo, il cancro al seno e quello al polmone.
Mark Levis, della Johns Hopkins University di Baltimora, si è detto "molto eccitato" dai primi risultati sull’uomo di uno studio su cellule T esprimenti un CAR diretto contro un antigene implicato nella maturazione delle cellule B (BCMA) nel mieloma multiplo avanzato.
“Sembra che la terapia abbia funzionato altrettanto bene come nella leucemia linfoblastica acuta e che sia abbastanza sicura" ha detto il professore, sottolineando che gli autori hanno ottenuto alcune risposte notevoli in una malattia molto difficile da curare.
Levis ha anche aggiunto che capire come far funzionare le CAR T-cells nel mieloma multiplo potrebbe cambiare radicalmente questo campo, con un impatto potenzialmente significativo, se non ancor più significativo, rispetto alle altre neoplasie per cui quest’approccio è stato originariamente sviluppato.
"I pazienti affetti da mieloma multiplo sono molti di più, e scommetto che questa neoplasia risponderà in modo più efficace, il che porterà a un prolungamento della sopravvivenza pronunciato per una quota molto più ampia di persone" ha concluso l’esperto.