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venerdì 1 settembre 2017

Via libera in USA alla terapia genica per ora solo contro la leucemia linfoplastica

Esperimenti in corso su altri tumori del sangue, *MIELOMA compreso. Grandi risultati, prezzi vertiginosi



NEW YORG, 1 settembre- Via libera negli Usa ad una terapia genica che potrebbe rivoluzionare la cura di molti tumori. L'Fda ha approvato infatti il trattamento chiamato Car-T, di cui abbiamo già trattato su questo blog,che consiste nell'utilizzare le cellule del sistema immunitario del paziente ingegnerizzate, per ora contro la leucemia linfoblastica acuta resistente ai farmaci tradizionali, ma test sono in corso in tutto il mondo su diversi altri tumori. mieloma compreso
    L'approvazione della terapia, commercializzata da Novartis con il nome Kymriah, si basa sui risultati dei test su 68 pazienti, con la malattia che è scomparsa a un anno dall'infusione nell'83% dei casi. "Questa terapia è un passo significativo verso trattamenti personalizzati che possono avere un impatto tremendo sulle vite dei pazienti - spiega Carl June, esperto dell'università della Pennsylvania e pioniere del nuovo trattamento -. Stiamo creando la prossima ondata di terapie immunocellulari per il cancro,me non vediamo l'ora di usare la Car-T in altri tipi di tumori ematologici e non".
    L'azienda, spiega un comunicato, chiederà tra questo e il prossimo anno una serie di autorizzazioni in Usa e Ue per Kymriah. A rendere scettici gli esperti sul reale utilizzo c'è però il prezzo: la terapia in Usa costerà 475mila dollari a paziente.
   
Usa: ok Fda a terapia genica; oncologo, è prima in commercioROMA - Quella approvata dalla Food and drug administration (Fda) "è la prima terapia genica in commercio per un tumore. Finora c'erano state solo sperimentazioni". Così Carmine Pinto, presidente dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), commenta il via libera dell'agenzia americana alla terapia genica per la leucemia linfoblastica acuta, che potrebbe rivoluzionare la cura di anche di molti altri tumori. 

"E' la prima terapia oncologica di questo tipo registrata e in vendita. E' un passo molto importante", continua Pinto. La particolarità della terapia è che le cellule immunitarie del paziente, i linfociti, "vengono estratti, e modificati geneticamente attraverso un virus, per poi essere reimmessi nel malato e attivarsi contro il tumore", prosegue. I risultati mostrati dalla terapia sono "importanti, anche perchè per i pazienti con questo tipo di leucemia, che hanno recidive o per cui le altre terapie non funzionano, non ci sono altre opzioni terapeutiche".  

mercoledì 9 agosto 2017

MIELOMA, un progetto rende "pronte da usare" le cellule T

Maria Themeli
Benché rappresentino una grande speranza per i malati di mieloma multiplo, le terapie con cellule T adottive sono ancora ostacolate da metodi costosi, lunghi e personalizzati. Un progetto finanziato dall’UE si propone tuttavia di cambiare le cose con le sue soluzioni pronte da usare.
Attualmente ci sono tre approcci principali per ottenere cellule T terapeutiche: l’isolamento, espansione e reinfusione di linfociti infiltranti il tumore (TIL); la generazione ex vivo e l’espansione di linee di cellule T specifiche dell’antigene tumorale e l’ingegneria genetica di cellule T autologhe con recettori di cellule T specifiche dell’antigene tumorale (TCR) o recettori chimerici dell’antigene (CAR). Anche se la fattibilità e l’efficacia di questi metodi sono state provate in contesti clinici, tutti questi approcci devono essere personalizzati per il paziente prima di poter essere applicati.

Tenendo conto di ciò, il progetto CARIPSCTCELLS (Generation of safe and efficient, off-the-shelf, chimeric antigen receptor (CAR)-engineered T cells for broad application) ha sviluppato una tecnologia che permetterà di avere cellule T che bersagliano il mieloma multiplo in vitro, illimitate, sicure e ampiamente applicabili. La dottoressa Maria Themeli, coordinatrice del progetto, parla dei suoi risultati.

Perché le terapie con cellule T sono usate tanto raramente?

Le attuali strategie per ottenere cellule T terapeutiche hanno dei limiti. Il loro uso è circoscritto a istituti specializzati e a specifiche popolazioni di pazienti. L’isolamento e la manipolazione ex vivo di cellule autologhe richiede costose attrezzature specializzate, buone prassi di fabbricazione (BPF) e personale qualificato. In molti casi, l’isolamento e l’espansione delle cellule T autologhe sarebbe problematico o impossibile, per esempio in pazienti immunodepressi dopo la chemioterapia o in pazienti immuno-deficienti che presentano malignità.

Inoltre, la produzione di cellule T terapeutiche autologhe specifiche del cancro richiede tempi di lavorazione che possono essere critici per la salute del paziente. A volte il paziente muore prima di ricevere la terapia. Questo rende la produzione di cellule T terapeutiche un processo costoso e difficile da applicare ampiamente.

In che modo il suo progetto si propone di risolvere questi problemi? Come sono emerse queste soluzioni?

Abbiamo pensato che lo sviluppo di una terapia cellulare ampiamente applicabile, che sia stata prodotta, verificata dal punto di vista funzionale e conservata in anticipo e possa essere applicata al di là delle barriera dell’antigene leucocitario umano (HLA), migliorerebbe la costanza e la disponibilità riducendo allo stesso tempo il costo della terapia con cellule T adottive. Con in mente questo obiettivo, abbiamo studiato la fattibilità di una nuova strategia per generare linfotici T specifici dell’antigene, sicuri, “pronti all’uso”, illimitati con caratteristiche ottimizzate.

Proponiamo l’uso di cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) come fonte di linfociti T. Queste cellule possono essere coltivate in laboratorio senza limiti e possono essere differenziate in linfociti T. Inoltre possono essere facilmente manipolate geneticamente in modo che il prodotto finale di cellule T possieda specifiche caratteristiche immunoterapeutiche desiderabili. Per esempio, possiamo fornire una specificità dell’antigene del cancro attraverso un CAR artificiale e cancellare l’espressione di molecole HLA per renderle istocompatibili.

Perché avete deciso di concentrarvi specificamente sul mieloma multiplo?

Il dipartimento di ematologia del VUmc Amsterdam è uno dei più grandi centri europei per la cura di malati di mieloma multiplo. Quello che ci interessa in questa malattia è che anche se sono stati fatti molti progressi nel ritardare il decorso della malattia, rimane comunque incurabile. Quindi la nostra ricerca si sta occupando di trovare nuove terapie potenzialmente curative. A questo fine, abbiamo sviluppato e valutato in fase pre-clinica l’uso di cellule che persagliano CD38 e CAR-T per la cura del mieloma multiplo.

In che modo il sistema CRISPR/Cas9 ha giovato alla vostra ricerca?
La tecnologia CRISPR/Cas9 ha rivoluzionato il settore della terapia genetica negli ultimi anni. Con questa tecnologia, modificare il genoma è diventato più facile e più sicuro, perché permette un editing genetico altamente specifico. Usiamo questo sistema per modificare geneticamente le cellule nella fase iPSC e ottenere caratteristiche specifiche ottimizzate quando si differenziano in cellue T terapeutiche.

Quali sono secondo lei i più importanti risultati ottenuti dal progetto?

Siamo riusciti a generare iPSC geneticamente modificate, che danno origine a cellule T “pronte da usare” ampiamente applicabili provviste di CAR anti-mieloma e che hanno una funzione anti-mieloma senza avere limiti di istocompatibilità.

Quale sperate sarà l’impatto a lungo termine sulla cura del mieloma multiplo?
Lo sviluppo di strumenti immunoterapeutici applicabili “pronti da usare” innalzerà l’immunoterapia da una base individuale e permetterà di avere a disposizione strumenti immunoterapeutici controllati, verificati e sicuri per un’ampia popolazione di pazienti.

Il mieloma multiplo è la seconda malignità ematologica più comune. Quindi un’immunoterapia con cellule T adottive ampiamente applicabile gioverebbe a molti pazienti. La cosa più importante però è che questo progetto getterà le fondamenta per una nuova strategia per l’applicazione diffusa di cellule T derivate da iPSC, non solo per il mieloma multiplo, ma anche per tutte le terapie con cellule T a base di CAR, perché i risultati ottenuti dai nostri studi potrebbero essere trasportati anche ad altre malignità.

Quali sono i vostri piani per un eventuale follow-up?

Vogliamo continuare a perseguire l’obiettivo di generare potenti cellule T terapeutiche a partire da iPSC. Ci concentreremo sull’ulteriore miglioramento delle proprietà terapeutiche delle cellule T generate da iPSC umane influenzando e raffinando i meccanismi della differenziazione in vitro della determinazione fenotipica e migliorando la loro persistenza e la funzione di effettore.

mercoledì 2 agosto 2017

TORINO, scoperta una nuova molecola per i trattamento della osteoporosi

TORINO, 2 agosto -  Scoperta di una nuova molecola con notevoli potenzialità terapeutiche nel trattamento dell'osteoporosi e delle metastasi ossee ha permesso al gruppo di ricerca afferente al reparto di Geriatria e Malattie Metaboliche dell’osso universitario della Città della Salute di Torino (diretto dal professor Giancarlo Isaia) di vincere il primo Premio ad un concorso indetto da Unicredit nell’ambito del progetto Unicredit Start Lab, volto a selezionare tra le Aziende di recente costituzione a livello nazionale quelle con le maggiori caratteristiche di innovazione, originalità e ricadute pratiche, a cui viene data la possibilità di partecipare ad un processo di accelerazione e ad un corso di formazione specifico.
La professoressa Patrizia D'Amelio (Ricercatore della Geriatria torinese e del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino) ha presentato, a nome della società Novaicos S.r.L, a cui partecipa insieme ai ricercatori dell’Università del Piemonte Orientale (prof. Umberto Dianzani, dott. Luca Gigliotti e dott.ssa Elena Boggio), una nuova molecola (ICOS-Fc), della quale è stata depositata domanda di brevetto nazionale ed internazionale. Lo scorso anno è stato dimostrato dallo stesso gruppo di ricercatori, che hanno poi dato vita a Novaicos, che questa molecola è in grado di modulare il metabolismo scheletrico, in quanto capace di attivare un recettore espresso a livello degli osteoclasti (le cellule che distruggono l’osso). In particolare è stato evidenziato in vitro ed in vivo nel topo da esperimento che la somministrazione di ICOS-Fc, stimolando questo recettore, inibisce selettivamente il danneggiamento dello scheletro in modelli di osteoporosi da carenza estrogenica e da infiammazione cronica e riduce anche la formazione delle metastasi ossee, senza sopprimere le cellule deputate a tale compito, consentendo così la normale formazione di nuovo osso.
Il progetto di sviluppo di ICOS-Fc è stato presentato dalla prof.ssa D’Amelio ad una qualificata commissione valutativa, composta da prestigiosi esponenti dell’industria nazionale nel settore biomedico, ed è risultato vincitore su oltre 700 Aziende partecipanti. Sono state apprezzate le notevoli potenzialità terapeutiche della nuova molecola identificata dai gruppi di ricerca delle Università Piemontesi nel trattamento dell’osteoporosi ed anche nel controllo delle lesioni ossee secondarie a tumori solidi o a mieloma multiplo. 
Questo importante riconoscimento premia un’attività scientifica di elevato livello che, promossa dal gruppo coordinato dal prof. Giancarlo Isaia, Ordinario di Geriatria dell’Università di Torino, si è sviluppata, anche attraverso adeguate cooperazioni nazionali ed internazionali, ad un livello di assoluta eccellenza, producendo benefici effetti non solo sulla salute e sulla qualità di vita dei pazienti, ma anche importanti ricadute occupazionali ed economiche a livello territoriale.

venerdì 7 luglio 2017

Il DARATUMUMAB, killer del MIELOMA, è rimborsabile in ITALIA

ROMA, 7 luglio - Un 'serial killer' addestrato a colpire un solo bersaglio: le cellule del mieloma. E' rimborsabile in Italia il daratumumab, farmaco targato Janssen che offre una nuova speranza ai pazienti con mieloma multiplo recidivato refrattario, contrastando questa patologia rara con un meccanismo d'azione innovativo. La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è del 3 luglio.
Daratumumab - ricordano dalla filiale italiana del gruppo Usa - è il primo di una nuova classe di anticorpi monoclonali (gli anti CD-38) che, grazie a un meccanismo d'azione completamente nuovo, è in grado sia di stimolare il sistema immunitario a contrastare il tumore sia di attaccare direttamente le cellule del mieloma multiplo. E' anche il primo e unico anticorpo monoclonale per il mieloma a essersi dimostrato efficace anche in monoterapia. Daratumumab permette ai pazienti diventati resistenti a tutte le classi di farmaci disponibili di prolungare la sopravvivenza di 3 o 4 volte.
"Siamo orgogliosi di poter offrire speranza e un'opzione terapeutica valida a pazienti che sino a oggi non l'avevano - afferma Massimo Scaccabarozzi, presidente e amministratore delegato di Janssen Italia - Daratumumab è stato definito un 'killer seriale', ma di fatto è un killer buono in grado sia di stimolare il sistema immunitario sia di attaccare e uccidere solo le cellule cattive, consentendo ai pazienti di aumentare non solo le aspettative, ma anche la qualità della loro vita in modo impensabile sino a ieri".

domenica 2 luglio 2017

MIELOMA, Franco Grillini e la malattia che lo ha colpito

BOLOGNA - Franco Grillini si è perso un solo Pride, quando nel 2006 si ruppe una gamba. Oggi ci sarà e non è un fatto scontato. Da mesi lotta contro un tumore che lo ha debilitato. Lui stesso su Facebook ha annunciato la sua presenza al corteo bolognese. «Ci sarò in carrozzina nonostante la malattia, l’orgoglio vince su tutto», ha scritto il fondatore del movimento omosessuale italiano. 
Come sta?
«Mi è capitato un mieloma multiplo, il più cattivo. Ma ho deciso di non nascondere la mia malattia. Non ci si può vergognare di avere un tumore. Né avere sensi di colpa. Questo senso di colpa lo conosco bene, quando all’inizio delle nostre battaglie lottavamo contro l’Aids e ai tempi non c’era neppure una terapia. Per questo voglio andare al Pride a viso scoperto, con tutta la fatica che ne consegue, perché andare ad un corteo in carrozzina non è facilissimo. A piedi non ce la faccio, ho poca autonomia. Un mio amico mi verrà a prendere con il suo furgone. Manifesterò al fianco di una signora, una mamma di 85 anni, pure lei su una carrozzina». 
Come passa le giornate? 
«Tra cure ed esami. Poi, con le energie che mi rimangono, mi dedico al movimento. Nonostante tutto mi do da fare. Ad aprile in Sala Rossa ho celebrato la mia prima unione civile, a inizio giugno ho fatto un comizio a Reggio Emilia sotto il sole, con il mio bastone, perché ora sono molto magro. Ero corpulento, pesavo 110 chili, adesso 60. Mi sono dimezzato. Esteticamente sto meglio così. Insomma, cure e impegno politico. Farò un comizio anche dalla bara».
Il suo umorismo è rimasto intatto. 
«E devo dire che in questi mesi ho anche conosciuto tante persone che non rivedevo da anni, ricevo un affetto da tutta Italia inaspettato». 
Esserci fisicamente al Pride, perché dopo tanti anni è così importante? 
«È una giornata che consente a migliaia di persone di ribadire una richiesta di uguaglianza. Poi quest’anno è particolarmente importante. In Germania hanno votato i matrimoni ugualitari in 38 minuti. È arrivato il momento di chiedere alla sinistra italiana di superare tutte le sue ambiguità. E lo dico anche a Pisapia, che tra i suoi ha personaggi come Tabacci che rilascia dichiarazioni che c’entrano poco con la sinistra. E sono contento che Merola abbia scelto di essere al Pride, gli fa onore». 
Cosa significa essere omosessuale oggi rispetto a quando era giovane? 
«Prima era molto più difficile fare coming out. Dopo la nostra rivoluzione gentile non lo è più. Oggi i ragazzi riescono a farlo a 16, io ne avevo 27. E fu molto faticoso». 
Chi fu il primo a saperlo? 
«Lo dissi agli amici, poi a mia sorella e più tardi ai miei genitori. Fu molto divertente. Era il 1985, il movimento stava cercando di organizzare un festival sul cinema gay a Riccione. Il sindaco comunista prima disse sì poi cambiò idea per le proteste. Un’insurrezione machista di chi gli diceva che le svedesi non sarebbero più andate a Riccione, che cambiò presto il nome in Ricchione, così come viale Ceccarini diventò Checcarini. La Rai mi chiamò per un’intervista alla radio, andò in onda alle otto del mattino. Nel pomeriggio mia mamma mi chiama e dice: “Ti abbiamo sentito, ma che bella voce che hai. Ma dimmi un po’, tu cosa c’entri con gli omosessuali?”. Me ne occupo, le risposi. E lei, una donna operaia con la seconda elementare, aggiunse solo: “Se tu sei felice, noi siamo contenti”». 
L’orgoglio di manifestare è rimasto lo stesso o è cambiato? 
«Ora è diventato normale manifestare, prima no. Il Pride quest’anno si terrà in 24 città. Ma quale partito oggi è in grado di portare così tanta gente in piazza? È il nostro Primo maggio, vorrei diventasse una festa nazionale. Così come spero ancora che sul Cassero di Porta Saragozza, la nostra prima sede, prima o poi qualcuno possa metterci una targa per ricordare a tutti cosa fu quel luogo».

venerdì 30 giugno 2017

#MIELOMA, utilizzate a Torino protesi vertebrali al carbonio per le vertebre dorsali affette dalla malattia


TORINO, 30 giugno - Utilizzate per la prima volta in Piemonte protesi vertebrali d’avanguardia al carbonio che hanno permesso di liberare un paziente dal busto dorso-lombare permanente. È il caso di un medico-paziente sessantenne, affetto da interessamento vertebrale ad opera di un mieloma multiplo trattato presso la Neurochirurgia del San Giovanni Bosco di Torino, diretta dal dott. Federico Griva. “L’intervento cui è stato sottoposto ha permesso di stabilizzare le vertebre dorsali affette dalla malattia e andate incontro a una grave cifotizzazione – spiega il Griva – e per la prima volta in Piemonte, in prova strumentaria per la particolarità caso, abbiamo posizionato un nuovo sistema protesico in tecnopolimero PEEK e carbonio, che non interferisce con i futuri controlli radiologici che saranno necessari per il follow-up del mieloma e non interferisce neppure con i trattamenti radioterapici.”
Durante l’intervento, durato 3 ore, la colonna vertebrale del paziente è stata stabilizzata con un ponte che unifica 6 vertebre, comprendendo quelle malate tra le estremità sane e utilizzando 12 viti al carbonio in sede da D2 a D8 (area scapolare). Il nuovo sistema protesico – simile nell’ancoraggio alle precedenti protesi metalliche e dunque in grado di agevolare i chirurghi con la pratica operatoria abituale – impiega un tecnopolimero ad alta percentuale di carbonio che, a differenza di quanto si è abitualmente osservato con i sistemi protesici tradizionali, non provoca artefatti sui controlli TC e RM. “I malati con tumore vertebrale – commenta Griva – devono fare controlli nel tempo e i campi magnetici interferiscono con i metalli; dunque questa nuova soluzione presenta indubbi vantaggi nella cura dei pazienti affetti da malattie oncologiche vertebrali e, in casi selezionati, diventa la prima opzione da proporre al paziente.”
Il paziente è stato dimesso in ottime condizioni neurologiche ed è potuto ritornare a casa con un normale volo dopo soli 4 giorni di degenza. “Il rinnovamento e lo sviluppo delle tecnologie costituisce un aspetto fondamentale, accanto alle competenze professionali e organizzative, per incrementare e perfezionare la qualità servizi sanitari”, commenta il dott. Valerio Fabio Alberti, Direttore Generale ASL Città di Torino. La Neurochirurgia del San Giovani Bosco effettua ogni anno 700 interventi neurochirurgici, concentrati in un’unica struttura di riferimento HUB, sia per le urgenze sia per l’elezione, per l’intera ASL Città di Torino, Ivrea, Chivasso e Ciriè.

domenica 25 giugno 2017

L'ELOTUZUMAB ha confermato la sua efficacia nel lungo termine

La molecola immuno-oncologica elotuzumab ha confermato la propria efficacia nel lungo termine nel trattamento del mieloma multiplo. È il dato principale di uno studio di fase III presentato nel corso del congresso annuale dell’European Hematology Association. 
Elotuzumab ha ricevuto nel maggio 2016 l’approvazione dall’agenzia regolatoria europea (EMA) in base ai risultati dello studio di fase III (ELOQUENT-2) che ha coinvolto 646 pazienti che hanno ricevuto almeno una precedente terapia ed è disponibile in Italia da aprile 2017. 
Al Congresso di Madrid sono presentati i dati aggiornati a 4 anni di questo studio. «L’Italia ha offerto un contributo importante allo studio ELOQUENT-2», ha illustrato il direttore dell’Istituto di Ematologia e Oncologia Medica L. A. Seràgnoli Università degli Studi-Policlinico S. Orsola-Malpighi Bologna Michele Cavo. «Il follow up a 4 anni conferma l’efficacia di elotuzumab nel mantenere la risposta a lungo termine con un buon profilo di tollerabilità. Il 21% dei pazienti trattati con questo nuovo farmaco immuno-oncologico in combinazione con lenalidomide e desametasone (braccio sperimentale) era libero da progressione di malattia o morte rispetto al 14% dei pazienti nel braccio di controllo (trattati con lenalidomide e desametasone), con un incremento relativo del 50% della sopravvivenza libera da progressione». 
Per i pazienti trattati nel braccio con elotuzumab si è mantenuta la riduzione del 29% del rischio di progressione o morte rispetto al braccio di controllo (in linea con i dati presentati a 2 e 3 anni di follow up). «Questo beneficio è costante in tutti i sottogruppi di pazienti, compresi quelli a prognosi sfavorevole», ha aggiunto Cavo. «Inoltre a quattro anni circa il doppio dei pazienti nel braccio sperimentale (17%) è rimasto in trattamento rispetto al braccio di controllo (9%). E la durata mediana della risposta è stata di 21 mesi con la molecola immuno-oncologica rispetto a 16,8 nel braccio di controllo». 
Ogni anno in Italia sono registrate più di 4.400 nuove diagnosi di mieloma multiplo, un tumore del sangue che ha origine nel midollo osseo. Nonostante i recenti progressi nel trattamento della malattia, soltanto il 51% dei pazienti sopravvive 5 anni dopo la diagnosi. 
«Fino ai due terzi dei malati presenta dolore osseo, in particolare alla schiena, al momento della diagnosi e circa il 75% mostra fratture ai raggi X», ha spiegato Mario Boccadoro, direttore del dipartimento di Oncologia ed Ematologia, Città della Salute e della Scienza di Torino. «Sono sintomi debilitanti con un impatto significativo sulla qualità di vita: spesso per queste persone diventa difficile camminare, fare le scale e talvolta non possono più guidare l’automobile. Altro sintomo è l’insufficienza renale che si manifesta alla diagnosi nel 20% dei casi e compare durante l’evoluzione della malattia in almeno il 50% dei pazienti. Molti malati evidenziano cicliche remissioni e recidive, durante le quali sospendono il trattamento per un breve periodo per eventualmente riprenderlo. L’immuno-oncologia, che rinforza il sistema immunitario contro il cancro, ha già dimostrato di essere efficace nel trattamento dei tumori solidi, a partire dal melanoma fino a neoplasie più frequenti come quelle del polmone e del rene in fase avanzata. E oggi sta mostrando risultati importanti anche nei tumori del sangue, in particolare nel mieloma multiplo. Il del beneficio a lungo termine di quest’arma innovativa potrebbe portarci all’obiettivo della cronicizzazione, come già avviene ad esempio in patologie come il diabete».