Traduttore

mercoledì 9 agosto 2017

MIELOMA, un progetto rende "pronte da usare" le cellule T

Maria Themeli
Benché rappresentino una grande speranza per i malati di mieloma multiplo, le terapie con cellule T adottive sono ancora ostacolate da metodi costosi, lunghi e personalizzati. Un progetto finanziato dall’UE si propone tuttavia di cambiare le cose con le sue soluzioni pronte da usare.
Attualmente ci sono tre approcci principali per ottenere cellule T terapeutiche: l’isolamento, espansione e reinfusione di linfociti infiltranti il tumore (TIL); la generazione ex vivo e l’espansione di linee di cellule T specifiche dell’antigene tumorale e l’ingegneria genetica di cellule T autologhe con recettori di cellule T specifiche dell’antigene tumorale (TCR) o recettori chimerici dell’antigene (CAR). Anche se la fattibilità e l’efficacia di questi metodi sono state provate in contesti clinici, tutti questi approcci devono essere personalizzati per il paziente prima di poter essere applicati.

Tenendo conto di ciò, il progetto CARIPSCTCELLS (Generation of safe and efficient, off-the-shelf, chimeric antigen receptor (CAR)-engineered T cells for broad application) ha sviluppato una tecnologia che permetterà di avere cellule T che bersagliano il mieloma multiplo in vitro, illimitate, sicure e ampiamente applicabili. La dottoressa Maria Themeli, coordinatrice del progetto, parla dei suoi risultati.

Perché le terapie con cellule T sono usate tanto raramente?

Le attuali strategie per ottenere cellule T terapeutiche hanno dei limiti. Il loro uso è circoscritto a istituti specializzati e a specifiche popolazioni di pazienti. L’isolamento e la manipolazione ex vivo di cellule autologhe richiede costose attrezzature specializzate, buone prassi di fabbricazione (BPF) e personale qualificato. In molti casi, l’isolamento e l’espansione delle cellule T autologhe sarebbe problematico o impossibile, per esempio in pazienti immunodepressi dopo la chemioterapia o in pazienti immuno-deficienti che presentano malignità.

Inoltre, la produzione di cellule T terapeutiche autologhe specifiche del cancro richiede tempi di lavorazione che possono essere critici per la salute del paziente. A volte il paziente muore prima di ricevere la terapia. Questo rende la produzione di cellule T terapeutiche un processo costoso e difficile da applicare ampiamente.

In che modo il suo progetto si propone di risolvere questi problemi? Come sono emerse queste soluzioni?

Abbiamo pensato che lo sviluppo di una terapia cellulare ampiamente applicabile, che sia stata prodotta, verificata dal punto di vista funzionale e conservata in anticipo e possa essere applicata al di là delle barriera dell’antigene leucocitario umano (HLA), migliorerebbe la costanza e la disponibilità riducendo allo stesso tempo il costo della terapia con cellule T adottive. Con in mente questo obiettivo, abbiamo studiato la fattibilità di una nuova strategia per generare linfotici T specifici dell’antigene, sicuri, “pronti all’uso”, illimitati con caratteristiche ottimizzate.

Proponiamo l’uso di cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) come fonte di linfociti T. Queste cellule possono essere coltivate in laboratorio senza limiti e possono essere differenziate in linfociti T. Inoltre possono essere facilmente manipolate geneticamente in modo che il prodotto finale di cellule T possieda specifiche caratteristiche immunoterapeutiche desiderabili. Per esempio, possiamo fornire una specificità dell’antigene del cancro attraverso un CAR artificiale e cancellare l’espressione di molecole HLA per renderle istocompatibili.

Perché avete deciso di concentrarvi specificamente sul mieloma multiplo?

Il dipartimento di ematologia del VUmc Amsterdam è uno dei più grandi centri europei per la cura di malati di mieloma multiplo. Quello che ci interessa in questa malattia è che anche se sono stati fatti molti progressi nel ritardare il decorso della malattia, rimane comunque incurabile. Quindi la nostra ricerca si sta occupando di trovare nuove terapie potenzialmente curative. A questo fine, abbiamo sviluppato e valutato in fase pre-clinica l’uso di cellule che persagliano CD38 e CAR-T per la cura del mieloma multiplo.

In che modo il sistema CRISPR/Cas9 ha giovato alla vostra ricerca?
La tecnologia CRISPR/Cas9 ha rivoluzionato il settore della terapia genetica negli ultimi anni. Con questa tecnologia, modificare il genoma è diventato più facile e più sicuro, perché permette un editing genetico altamente specifico. Usiamo questo sistema per modificare geneticamente le cellule nella fase iPSC e ottenere caratteristiche specifiche ottimizzate quando si differenziano in cellue T terapeutiche.

Quali sono secondo lei i più importanti risultati ottenuti dal progetto?

Siamo riusciti a generare iPSC geneticamente modificate, che danno origine a cellule T “pronte da usare” ampiamente applicabili provviste di CAR anti-mieloma e che hanno una funzione anti-mieloma senza avere limiti di istocompatibilità.

Quale sperate sarà l’impatto a lungo termine sulla cura del mieloma multiplo?
Lo sviluppo di strumenti immunoterapeutici applicabili “pronti da usare” innalzerà l’immunoterapia da una base individuale e permetterà di avere a disposizione strumenti immunoterapeutici controllati, verificati e sicuri per un’ampia popolazione di pazienti.

Il mieloma multiplo è la seconda malignità ematologica più comune. Quindi un’immunoterapia con cellule T adottive ampiamente applicabile gioverebbe a molti pazienti. La cosa più importante però è che questo progetto getterà le fondamenta per una nuova strategia per l’applicazione diffusa di cellule T derivate da iPSC, non solo per il mieloma multiplo, ma anche per tutte le terapie con cellule T a base di CAR, perché i risultati ottenuti dai nostri studi potrebbero essere trasportati anche ad altre malignità.

Quali sono i vostri piani per un eventuale follow-up?

Vogliamo continuare a perseguire l’obiettivo di generare potenti cellule T terapeutiche a partire da iPSC. Ci concentreremo sull’ulteriore miglioramento delle proprietà terapeutiche delle cellule T generate da iPSC umane influenzando e raffinando i meccanismi della differenziazione in vitro della determinazione fenotipica e migliorando la loro persistenza e la funzione di effettore.

mercoledì 2 agosto 2017

TORINO, scoperta una nuova molecola per i trattamento della osteoporosi

TORINO, 2 agosto -  Scoperta di una nuova molecola con notevoli potenzialità terapeutiche nel trattamento dell'osteoporosi e delle metastasi ossee ha permesso al gruppo di ricerca afferente al reparto di Geriatria e Malattie Metaboliche dell’osso universitario della Città della Salute di Torino (diretto dal professor Giancarlo Isaia) di vincere il primo Premio ad un concorso indetto da Unicredit nell’ambito del progetto Unicredit Start Lab, volto a selezionare tra le Aziende di recente costituzione a livello nazionale quelle con le maggiori caratteristiche di innovazione, originalità e ricadute pratiche, a cui viene data la possibilità di partecipare ad un processo di accelerazione e ad un corso di formazione specifico.
La professoressa Patrizia D'Amelio (Ricercatore della Geriatria torinese e del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino) ha presentato, a nome della società Novaicos S.r.L, a cui partecipa insieme ai ricercatori dell’Università del Piemonte Orientale (prof. Umberto Dianzani, dott. Luca Gigliotti e dott.ssa Elena Boggio), una nuova molecola (ICOS-Fc), della quale è stata depositata domanda di brevetto nazionale ed internazionale. Lo scorso anno è stato dimostrato dallo stesso gruppo di ricercatori, che hanno poi dato vita a Novaicos, che questa molecola è in grado di modulare il metabolismo scheletrico, in quanto capace di attivare un recettore espresso a livello degli osteoclasti (le cellule che distruggono l’osso). In particolare è stato evidenziato in vitro ed in vivo nel topo da esperimento che la somministrazione di ICOS-Fc, stimolando questo recettore, inibisce selettivamente il danneggiamento dello scheletro in modelli di osteoporosi da carenza estrogenica e da infiammazione cronica e riduce anche la formazione delle metastasi ossee, senza sopprimere le cellule deputate a tale compito, consentendo così la normale formazione di nuovo osso.
Il progetto di sviluppo di ICOS-Fc è stato presentato dalla prof.ssa D’Amelio ad una qualificata commissione valutativa, composta da prestigiosi esponenti dell’industria nazionale nel settore biomedico, ed è risultato vincitore su oltre 700 Aziende partecipanti. Sono state apprezzate le notevoli potenzialità terapeutiche della nuova molecola identificata dai gruppi di ricerca delle Università Piemontesi nel trattamento dell’osteoporosi ed anche nel controllo delle lesioni ossee secondarie a tumori solidi o a mieloma multiplo. 
Questo importante riconoscimento premia un’attività scientifica di elevato livello che, promossa dal gruppo coordinato dal prof. Giancarlo Isaia, Ordinario di Geriatria dell’Università di Torino, si è sviluppata, anche attraverso adeguate cooperazioni nazionali ed internazionali, ad un livello di assoluta eccellenza, producendo benefici effetti non solo sulla salute e sulla qualità di vita dei pazienti, ma anche importanti ricadute occupazionali ed economiche a livello territoriale.