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mercoledì 22 giugno 2016

CELLULE "armate" e "kamikaze" per combattere il #mieloma e altri tumori del sangue


COPENHAGEN, 22 giugno - Cellule 'armate' e 'kamikaze', programmate cioe' per combattere il cancro e poi suicidarsi una volta portato a termine il loro compito. E' questa la nuova potenziale 'arma' , attualmente a livello sperimentale, per la cura dei tumori del sangue. Le cellule in questione sono i linfociti del sistema immunitario e la nuova tecnica attraverso cui vengono 'ingegnerizzate' per svolgere la loro particolare missione è definita CAR-T. Ad evidenziarne il grande potenziale sono gli ematologi riuniti a Copenaghen per il recente Congresso dell'Associazione europea di ematologia (Eha). ''Si tratta di una strada dalle potenzialita' enormi - afferma il presidente della Societa' italiana di ematologia (Sei) Fabrizio Pane -. Studi recenti hanno infatti dimostrato che tale trattamento determina la remissione del tumore, ovvero la sua scomparsa, nel 60-70% dei pazienti con leucemia linfoblastica acuta allo stadio avanzato, ma ci sono evidenze di efficacia anche contro alcuni tipi di linfoma e mielomaI primi studi su tale tecnica - sottolinea - sono stati condotti dal Policlinico Federico II di Napoli insieme al Baylor College di Houston''. 
Va pero' detto, avverte l'esperto, che ''siamo ancora dinanzi ad un trattamento sperimentale, sia pure straordinariamente efficace, e comunque testato ancora su un numero ridotto di pazienti''. Altro problema e' poi rappresentato dai costi: ''Il trattamento può' arrivare a costare 3-400mila dollari al mese ed al momento - afferma Pane - solo 6 o 7 centri al mondo, in Europa ed America, sono in grado di effettuarlo, anche se presto pure alcuni centri italiani potrebbero iniziare ad utilizzare la tecnica CAR-T''. 
Ma come funziona in pratica questo nuovo approccio terapeutico? ''Si preleva innanzitutto il sangue del paziente. Quindi - spiega Pane - con tecniche di ingegneria genetica si fa in modo che i linfociti esprimano dei recettori che riconoscono le cellule tumorali, spingendo gli stessi linfociti ad attaccarle. I linfociti così manipolati vengono dunque ritrasfusi al paziente''. Al Congresso Eha nuovi studi hanno pero' illustrato avanzamenti della tecnica CAR-T in cui i linfociti, sottolinea il presidente degli ematologi, ''vengono ingegnerizzati per attaccare il tumore e poi 'spegnersi', ovvero suicidarsi, quando la malattia e' ormai eradicata''. Un grande passo avanti, insomma, che dimostra, rileva Pane, come ''si stia oggi allargando il numero di armi che abbiamo per combattere i tumori del sangue: oltre alla chemioterapia, abbiamo identificato numerosi bersagli cellulari e messo cosi' a punto farmaci biologici efficaci. C'e' poi il nuovo approccio dell'immunoterapia, e anche nuovi anticorpi monoclonali che hanno l'effetto di indurre le cellule tumorali ad autodistruggersi''. Il ''futuro - commenta - sta però nell'approccio integrato, cioè nell'utilizzo combinato delle diverse terapie''. Una modalità vincente, questa, conclude il presidente Sie, per arrivare a dare 'scacco matto' ai tumori del sangue, che ogni anno fanno registrare solo in Italia circa 24mila nuovi casi, pari al 15% di tutti i tipi di tumore.

STORIE DEL #MIELOMA Bibi, "la mia battaglia che dura da 15 anni"


"La mia lotta contro il mieloma è iniziata in un modo molto particolare: con un bigliettino affisso nella bacheca di un supermercato. Proprio così. Oggi ho 65 anni ma la mia battaglia è cominciata circa 15 anni fa: il medico mi ha diagnosticato questo tipo di tumore, di cui io sapevo molto poco, e mi è crollato il mondo addosso. La prima reazione è stata cercare di capirne di più. Mi sono documentata, anche per 'tradurre' le spiegazioni a volte troppo scientifiche che gli oncologi mi davano. Sono danese e vivo a Copenaghen e fino ad allora la mia vita era stata molto attiva. Poi, improvvisamente, è cambiato tutto. Stranamente, però, la cosa più difficile che ho dovuto gestire, almeno all'inizio, è stata la rabbia di mia figlia: aveva 20 anni e non accettava assolutamente la mia malattia. Ricordo quando volle parlare da sola col mio oncologo, al quale chiese se questo tumore mi avrebbe fatta morire. La risposta, che mia figlia mi riferì tra le lacrime, fu: ''Probabilmente sì''. Invece, per fortuna, non è andata così. Ho capito che dovevo lottare. Mi sono sottoposta alla chemioterapia e poi al trapianto autologo di cellule staminali. Per un lungo periodo la malattia è regredita. Poi, si è ripresentata.
A quel punto i medici hanno optato per un nuovo trapianto di staminali, e sono stata meglio. Ora, a distanza di anni, ci sono dei segni che probabilmente mi porteranno ad una ripresa dei trattamenti, ma io sono fiduciosa. Inaspettatamente ho tenuto a bada il tumore per tanto tempo e voglio continuare a combattere. Ma cosa c'entra, in questo doloroso percorso, il bigliettino al supermercato? C'entra eccome, e in un certo qual modo mi ha 'salvato', insieme e forse più dei farmaci. Quando all'inizio della malattia parlavo con i medici, la sensazione che più mi attanagliava era quella dell'immensa solitudine: gli oncologi mi spiegavano, ma quando uscivo dalla loro stanza nessuno aveva idea di cosa fosse un mieloma. Non potevo parlare della mia malattia perchè i miei parenti o i miei amici apparivano disarmati: leggevo sui loro volti la difficoltà nel cercare una risposta da darmi o anche una semplice frase di incoraggiamento. Il mistero di questa malattia 'sconosciuta' li spiazzava. E li ammutoliva. Allora ho pensato: 'Ma ci sarà qualcun altro che ha il mio stesso cancro. Devo trovarlo'. Ogni mattina andavo a fare la spesa in un supermercato e la prima cosa che mi è venuta in mente è stata: 'Metto un bigliettino nella bacheca dei messaggi. E' stata messa lì apposta'. ''Ho un mieloma, ho bisogno di parlare e confrontarmi. Se qualcuno ha la mia stessa malattia o conosce altri che ne siano affetti, per favore mi contatti. Bibi''.
Dopo qualche giorno, la sorpresa: due persone mi hanno telefonato. Ci siamo incontrati, abbiamo parlato. E' stato come ritrovarsi tra vecchi amici. Ci siamo sentiti vicini e, parlando e condividendo ciò che stavamo vivendo, ci siamo improvvisamente sentiti più forti. Da cosa nasce cosa. Il 'gruppo' si è allargato sempre di più. E allora abbiamo fatto un passo avanti: abbiamo fondato la Danish Multiple Myeloma Association, l'Associazione danese per il mieloma multiplo, di cui io sono coordinatrice. Ed abbiamo dato vita anche ad un Network dei pazienti. Durante gli anni, vari amici ci hanno lasciato. E' nel corso delle cose. Ma quello che ho capito è che, per un malato, la prima, fondamentale medicina è quella di non sentirsi solo, abbandonato, con medici e infermieri come unici interlocutori. Creare una 'rete' è ciò che abbiamo cercato di fare. Oggi, anche io mi sento più 'protetta' grazie al nostro Network. Se ve ne sarà bisogno, sono di nuovo pronta a lottare. E questa volta non partirò sola."
                                                                                              Bibi Moe

mercoledì 8 giugno 2016

DARATUMUMAB, killer del #mieloma:i numeri confortanti della sperimentazione


CHICAGO, 8 giugno - I dati di uno studio clinico di fase 3 MMY3004 (CASTOR) hanno dimostrato che il trattamento immunoterapico con daratumumab (DARZALEX®) in combinazione con una terapia standard, bortezomib (un inibitore del proteasoma [PI]) e desametasone (un corticosteroide), ha dimostrato una riduzione del 61% nel rischio di progressione o morte (sopravvivenza libera da progressione, PFS) rispetto ai soli bortezomib e desametasone nei pazienti affetti da mieloma multiplo sottoposti in media due linee terapiche precedenti (Hazard Ratio (HR)=0,39; CI 95% (0,28-0,53), p<0,0001).1
Secondo i risultati oggi annunciati da Janssen-Cilag International NV, daratumumab ha inoltre aumentato significativamente il tasso di risposta globale (ORR) [83% vs. 63%, p<0,0001]. Non è stata raggiunta la PFS nel braccio trattato con daratumumab rispetto alla PFS media di 7,16 mesi per I pazienti trattati con soli bortezomib e desametasone.1
Questi dati sono presentati in toto oggi  nel corso della “Plenary Session: Including the Science of Oncology Award and Lecture” alla conferenza annuale 2016 dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) di Chicago. Saranno inoltre inclusi nel programma di ASCO dedicato ai mezzi d’informazione. Questi risultati saranno illustrati nuovamente anche nel corso di una presentazione orale alla 21° Conferenza annuale della European Hematology Association (EHA) domenica 12 giugno alle 12:00 – 12:15 CEST +
“Abbiamo rilevato miglioramenti nella sopravvivenza libera da progressione e nei tassi di risposta globale con daratumumab in combinazione con le terapie standard”, ha dichiarato il Prof. Antonio Palumbo, Responsabile dell’Unità del mieloma multiplo del Dipartimento di oncologia, Divisione di Ematologia dell’Università degli Studi di Torino. “Questi interessanti risultati dello studio clinico di fase 3 dimostrano che un regime terapeutico basato su daratumumab migliora le risposte cliniche e aiuta a sottolineare il potenziale per i pazienti affetti da mieloma multiplo già trattati in precedenza”.
Oltre a rispondere all’endpoint primario di migliorare la PFS per un follow-up mediano a 7,4 mesi e ad aumentare significativamente il tasso di risposta globale rispetto ai soli bortezomib e desametasone, daratumumab ha presentato tassi doppi di risposta completa (CR) o superiori [19% vs. 9%, p=0,0012], inclusi tassi doppi di risposta parziale molto buona (VGPR) [59% vs. 29%, p<0,0001]. Non è stata ottenuta la PFS mediana, rispetto a una PFS di 7,16 mesi per i pazienti trattati con soli bortezomib e desametasone. I benefici del regime terapeutico con daratumumab in combinazione sono stati mantenuti in tutti i sottogruppi clinicamente rilevanti.1
“Janssen si impegna a ridefinire l’impatto dei tumori sui pazienti grazie a ricerche e soluzioni innovative. Siamo quindi estremamente incoraggiati dai notevoli risultati interinali di questo studio, che offrono un’importante analisi sugli effetti di daratumumab in combinazione con regimi terapeutici già affermati e illustrano le possibilità di questa immunoterapia nelle prime linee di trattamenti”, ha dichiarato Jane Griffiths, presidente del gruppo di aziende Janssen per l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa. “Siamo impegnati a esplorare il valore completo del trattamento con daratumumab per i pazienti affetti da mieloma multiplo e a guardare in avanti, alla differenza che possiamo fare con dati di questo tipo”.
% Complessivamente, il profilo di sicurezza della terapia a base di daratumumab in combinazione era in linea con il profilo noto di sicurezza di daratumumab monoterapico (D) e di bortezomib in combinazione con desametasone (Vd), rispettivamente. Gli eventi avversi (EA) più comuni (>25%) [DVd/Vd] sono stati trombocitopenia (59%/44%), neuropatia sensoriale periferica (47%/38%), diarrea (32%/22%) e anemia (26%/31%). Gli eventi avversi di grado 3 o 4 più comuni (>10%) sono stati trombocitopenia (45%/33%), anemia (14%/16%) e neutropenia (13%/4%). Le infezioni/infestazioni di grado 3/4 hanno rappresentato il 21% nel gruppo DVd il 19% nel gruppo Vd. L’evento avverso emergente da trattamento, o TEAE, più comune (≥5%) di tipo infezioni/infestazioni di grado 3/4 è stato la polmonite (8%/10%). Il numero di pazienti con eventi emorragici di grado 3 o 4 (3 pazienti nel gruppo DVd, 2 pazienti nel gruppo Vd) è stato ridotto in entrambi i gruppi di trattamento. Pochi pazienti (7%/9%) hanno interrotto la terapia a causa di un TEAE.1
Informazioni sullo studio clinico MMY3004 (CASTOR)
Lo studio clinico di fase 3, multinazionale, in aperto, randomizzato, multicentrico, con controllo attivo MMY3004 ha riguardato 498 pazienti affetti da mieloma multiplo che hanno ricevuto in media due linee terapiche precedenti. Il 66% di pazienti aveva ricevuto un trattamento precedente a base di bortezomib, il 76% ha ricevuto un trattamento precedente a base di un agente immunomodulante, mentre il 48% aveva ricevuto un trattamento precedente a base di un PI e di un agente immunomodulante. Il 33% dei pazienti era risultato refrattario a un agente immunomodulante, mentre il 32% era risultato refrattario all’ultima linea terapica precedente. I pazienti sono stati randomizzati per ricevere daratumumab combinato con bortezomib e desametasone sottocutanei (n=251) oppure solo bortezomib e desametasone (n=247). I partecipanti sono stati trattati con daratumumab fino alla progressione della malattia, a un livello inaccettabile di tossicità o per altre ragioni che hanno portato all’interruzione dello studio clinico.
Il giorno 30 marzo 2016, dopo il raggiungimento dell’endpoint primario del miglioramento della PFS in un’analisi interinale programmata (HR = 0,39, p<0,0001), MMY3004 (CASTOR) è diventato uno studio clinico in aperto. In base alle raccomandazioni di un comitato indipendente per il monitoraggio dei dati (IDMC), ai pazienti nel braccio sottoposto a trattamento standard è stata offerta la possibilità di ricevere daratumumab a seguito della conferma della progressione della malattia.
Janssen avvierà le discussioni con le autorità di regolamentazione sul potenziale di una richiesta di autorizzazione in base ai risultati di questo studio. È in fase di preparazione una relazione completa sullo studio clinico che sarà presentata alle autorità sanitarie globali.
Ulteriori dati sul trattamento in combinazione
Anche lo studio clinico di fase 3 MMY3003 (POLLUX), che ha confrontato daratumumab in combinazione con lenalidomide e desametasone rispetto ai soli lenalidomide e desametasone nei pazienti affetti da mieloma multiplo che avevano ricevuto almeno una linea terapica precedente, è diventato uno studio in aperto nel mese di maggio 2016. In base ai risultati dell’analisi interinale programmata condotta da un comitato indipendente per il monitoraggio dei dati, lo studio ha centrato l’endpoint primario del miglioramento della PFS. I dati dello studio clinico POLLUX saranno presentati al Presidential Symposium dell’EHA venerdì 10 giugno 2016 alle ore 16:47 CEST (abstract n. LB2238).
Informazioni su daratumumab
Daratumumab è un biologico innovativo mirato alla CD38, una proteina di superficie con espressione elevata in diverse cellule di mieloma, indipendentemente dalla fase della malattia . Daratumumab provoca la rapida morte delle cellule tramite apoptosi (morte cellulare programmata)7,8 e meccanismi d'azione immunomediati, inclusa la citotossicità complemento-dipendente (CDC), la citotossicità cellulare anticorpo-dipendente (ADCC) e la fagocitosi cellulare anticorpo-dipendente (ADCP). Daratumumab ha dimostrato inoltre effetti immunomodulanti che contribuiscono alla morte cellulare del tumore grazie all'aumento delle cellule immunosoppressive come le cellule T-reg, B-reg e le cellule soppressive di derivazione mieloide. Attualmente sono in corso cinque studi clinici di fase 3 con daratumumab in pazienti con recidiva e di prima linea. Sono in fase di programmazione o di svolgimento anche studi addizionali per valutare il potenziale di daratumumab in altri tumori maligni e pre-maligni con espressione della CD38. Per ulteriori informazioni, si prega di visitare il sito www.clinicaltrials.gov.
Nel mese di maggio 2016, daratumumab è stato approvato dalla Commissione europea (CE) come monoterapia per pazienti adulti affetti da mieloma multiplo (MM) recidivato e refrattario, precedentemente sottoposti a una terapia basata su un inibitore del proteasoma (IP) e su un agente immunomodulante con dimostrata progressione della malattia rispetto all'ultimo trattamento somministrato. Daratumumab è stato approvato con una valutazione accelerata, un processo riservato ai medicinali che si ritiene possano essere di interesse sanitario pubblico, in particolare dal punto di vista dell’innovazione terapeutica. Nel mese di agosto 2012 Janssen Biotech, Inc. e Genmab A/S hanno concluso un accordo mondiale che garantisce a Janssen i diritti di licenza esclusiva per lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di daratumumab.

giovedì 2 giugno 2016

Si studia in GERMANIA un vaccino terapeutico universale efficace per tutti i tumori


MAINZ (Germania) - Può essere definito il Santo Graal dell’oncologia: un vaccino terapeutico “universale” efficace contro tutti i tipi di cancro. E’ quello a cui sta lavorando un gruppo di ricercatori dell’Università Johannes Gutenberg a Mainz (Germania), il quale ha ideato una strategia davvero molto promettente, descritta in un articolo pubblicato sulla rivista Nature. I ricercatori tedeschi hanno creato un vaccino in grado di indurre una forte risposta del sistema immunitario al cancro, utilizzando “proiettili” rivestiti da grassi (liposomi) e “infarciti” da nanoparticelle di Rna.  I liposomi, simili a vescicole di grasso, fungono da “veicoli” per raggiungere il bersaglio e proteggono le nanoparticelle nel loro passaggio all’interno dell’organismo. Il bersaglio di questi proiettili non sono però le cellule tumorali, ma quelle del sistema immunitario e in particolare le cellule dentritiche, che, insieme ai macrofagi, sono dei veri e propri “spazzini” del nostro organismo. Il problema è che questi “spazzini”, normalmente non vedono il tumore e lo lasciano così proliferare. Ora, i ricercatori tedeschi, grazie a questi proiettili di Rna, sono riusciti a produrre antigeni specifici che spingono le cellule del sistema immunitario a colpire quelle tumorali fin dalla loro prima apparizione. In un certo senso è come se, attraverso l’introduzione del Rna nelle cellule immunitarie, i ricercatori avessero “hackerato” il loro sistema di riconoscimento e lo avessero modificato.  

BUONI I PRIMI TEST SU ANIMALI E 3 PAZIENTI CON MELANOMA  
Il vaccino è stato testato con successo sui topi e su tre pazienti affetti da melanoma in stadio avanzato. Già a basse dosi, si è mostrato capace di attivare una risposta immunitaria efficace contro il tumore. Tuttavia, questo approccio potrebbe essere efficace anche per molti altri tipi di tumori. “Dipende dal tipo di Rna che viene caricato nelle vescicole di grasso”, precisa Michele Maio, direttore UOC dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese e ricercatore dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc). 

CI SONO TANTI APPROCCI DIVERSI ALL’IMMUNONCOLOGIA  
Il vaccino sviluppato dai ricercatori tedeschi è solo uno dei tanti approcci immunoterapici ideati negli ultimi decenni. “Ci sono agenti terapeutici già in uso in clinica che si sono dimostrati in grado di migliorare la sopravvivenza a lungo termine dei pazienti affetti da alcuni tipi di tumore”, spiega Maio. “Farmaci immunoterapici - continua – vengono già utilizzati contro il melanoma cutaneo, alcuni tipi di tumore del polmone, il carcinoma renale, i tumori testa-collo e così via”. E molti altri sono in via di sviluppo, così come sono allo studio nuove combinazioni di farmaci potenzialmente promettenti. In particolare, Maio e il suo gruppo di ricercatori hanno avviato uno studio di immunoncologia, il primo al mondo di questo tipo, che combina due farmaci mai associati fra loro contro il melanoma cutaneo: l’ipilimumab, già utilizzato con buoni risultati contro questa forma di cancro alla pelle, e SGI-110, un farmaco epigenetico che modifica il Dna delle cellule. Grazie al sostegno di Airc, i ricercatori stanno studiando la possibilità di aumentare l’efficacia del farmaco immunoterapico con la capacità del farmaco epigenetico di indurre le cellule tumorali a esprimere sulla loro superficie molecole che le rendano più sensibili al riconoscimento del sistema immunitario, che può così distruggerle. “Il campo dell’immunoncologia è molto fertile, ma ci vorrà ancora del tempo prima di beneficiare di tutti i suoi frutti”, conclude Maio.