Traduttore

venerdì 27 dicembre 2013

Segnatevi questo nome, daratumumab. Può essere il futuro

E veniamo alla seconda parola magica, che sembra una cosa inventata: daratumumab, il rullo del tamburo delle nostre speranze. Siamo solo alla fase I della sperimentazione (il farmaco è danese) e, pare, i risultati sono stati incoraggianti su pazienti che avevano esaurito altre opzioni.
Il  daratumumab, dunque, è un anticorpo monoclonale che si lega alle cellule di mieloma e segnala quindi al sistema immunitario del paziente di ucciderle. E’ stato testato come agente singolo in uno studio di fase 1/2, con risultati incoraggianti. I pazienti che avevano ricevuto una mediana di tre precedenti terapie sono stati reclutati per lo studio daratumumab-Revlimid-desametasone
Tutti i pazienti hanno risposto al trattamento dei tre farmaci, che è un tasso di risposta molto elevato. La profondità della risposta anche ha fatto sì che il 50 per cento dei pazienti  abbia raggiunto una risposta parziale molto buona o  una risposta completa. Gli effetti collaterali sono stati gestibili.
"Abbiamo visto che il 47% dei pazienti ha mostrato benefici [con dosi fino a 24 mg/kg]. Una risposta è stata vista in 8 dei 12 pazienti che hannp ricevuto più di 4 mg/kg, indicando che questa dose fornisce una quantità sufficiente di daratumumab nel sangue per una risposta efficace,"ha affermato Henk Lokhorst, MD, dall'University Medical Center Utrecht, Olanda che ha presentato i risultati dalla parte 1 di uno studio al Congresso dell'associazione europea di ematologia.
"Daratumumab probabilmente può indurre risposte durature in pazienti trattati a dosi più elevate di 4 mg" ha spiegato.
Circa l'80% dei pazienti era doppiamente refrattario e tutti i pazienti avevano ricevuto un minimo di 2 linee di trattamento precedente che includevano talidomide, lenalidomide o bortezomib e non avevano alcun altro  trattamento  a loro disposizione.

Il profilo di tossicità  sicurezza è piuttosto favorevole. I pazienti lo hanno tollerato molto bene, e ora ci sono studi in corso per combinare al meglio questo anticorpo con lenalidomide o bortezomib. 

mercoledì 25 dicembre 2013

Buon Natale (e un impegno)

Buon Natale, in questa giornata di pioggia che pare metà novembre e abbassa l'umore a chi non ne avrebbe bisogno. Un impegno per i malati di mieloma che dovessero transitare da queste pagina: dobbiamo ritrovarci TUTTI qui per festeggiare il Natale 2014...

martedì 24 dicembre 2013

Le parole di una speranza: elotuzumab e daratumumab

l dottor Nikhil Munshi è un professore associato di medicina alla Harvard Medical School, a Boston in Massachusetts. Ci parla di due  immunoterapie emergenti per il mieloma, che hanno due nomi strani, elotuzumab e daratumumab ma che potrebbero essere le parole magiche di una nuova speranza. Per noi.
Le terapie immunitarie di base per il  mieloma hanno due aspetti. Uno è l'immunoterapia passiva o anticorpo-mediata, e la seconda è attiva e induce a risposte immuni. Prima parleremo di immunoterapia passiva. Ci sono il numero di bersagli sulle cellule del mieloma, che possono essere utilizzati per poi indirizzare i nostri trattamenti verso tali obiettivi. Sono presenti sulla superficie delle cellule di mieloma e nel microambiente del mieloma, e poi ci sono le citochine che sono in circolazione e che aiutano la crescita delle cellule di mieloma, ma si possono bloccare. Questo anticorpo funziona attraverso vari meccanismi. Il meccanismo più importante è chiamato  citotossicità mediata da cellule dipendenti da anticorpi (in inglese antibody-dependent cell-mediated cytotoxicity o ADCC) e la maggior parte degli anticorpi ha questa attività  ed è così che funzionano in modo molto efficiente. Attualmente, non c'è anticorpo monoclonale  nella terapia nel mieloma, tuttavia, ci sono più di 10 potenziali anticorpi monoclonali che sono in studio clinico a vari stadi di sviluppo. Due di questi anticorpi, uno chiamato elotuzumab, e il secondo daratumumab, sono due dei più promettenti e probabilmente più in fase avanzata del loro sviluppo 
 Elotuzumab è un anticorpo monoclonale sviluppato da Abbott in collaborazione con Bristol-Myers Squibb. In laboratorio, elotuzumab ha dimostrato di uccidere le cellule di mieloma, comprese quelle resistenti ad altre terapie anti-mieloma. Quando elotuzumab è combinato con altra terapia anti-mieloma, le attività di entrambi sono migliorate (ad esempio, agiscono sinergicamente). 
L'anticorpo di per sé, il singolo agente, non è molto efficace. Combinato con lenalidomide è estremamente efficace. La combinazione di elotuzumab, lenalidomide (o Revlimid) e desametasone ha fornito un tasso di risposta globale nel 82% dei pazienti in un primo studio in 28 pazienti. Poi, uno studio più ampio è stato eseguito su 73 pazienti ai quali è stato somministrato elotuzumab sia alla dose di 10 mg sia di 20 mg e questo studio ha dimostrato che a una dose di 10 mg il tasso di risposta è stata del 92% e la sopravvivenza libera da progressione in questo recidivato e refrattario paziente vicino ai 27 mesi. Dunque è stato efficace per un lungo periodo di tempo e ci sono state tossicità limitate. Questa dose di 10 mg è diventato una dose standard, e uno studio più ampio è in corso. Nel frattempo, è stato usato anche in combinazione con bortezomib (velcade), con un tasso di risposta del 48%. Così ora stiamo aspettando - dice il dottor Munshi - i risultati di un ampio studio di fase III, nel mieloma recidivo e anche nel mieloma di nuova diagnosi e i risultati di questo studio probabilmente permetteranno di avere l'approvazione definitiva del farmaco per il mieloma, almeno negli Usa. 
Sa noi, c hissà. Ricordo che l’ultima novità nel campo dei farmaci antimieloma e cioè il Polamidomide che negli Usa viene usato con successo, qui lo si sta ancora aspettando.  (forse perché costa maledettamente tanto). Il pomalidomide viene usato (negli Usa)per trattare i pazienti con mieloma multiplo il cui progresso non sia stato arrestato dagli altri farmaci. Si tratta di una pillola che modula il sistema immunitario in modo da distruggere le cellule cancerose e inibirne la crescita. È destinato a quei pazienti che abbiano ricevuto almeno due altre terapie, incluse quelle con lenalidomide e bortezomib, senza aver avuto successo, con malattia che sia progredita nell’arco di 60 giorni dall’ultimo trattamento.
Nella prossima puntata, tutto sul daratumumab, che sembra il rullo di un tamburo.

lunedì 23 dicembre 2013

Sono un prodotto a scadenza

Mi chiamo Sandro Malossini, abito a Monza, sono un giornalista (in pensione) e sono malato di mieloma multiplo: per chi non lo sapesse, è un tumore delle plasmacellule del midollo osseo. Causa gravi danni alle ossa e ai reni e soprattutto non c'è, finora, una cura che lo possa guarire. Si può, insomma, sopravvivere. Io sopravvivo da 11 anni (mi è stata riscontrata la malattia nel 2003), con in più un danno irreversivile ai reni che mi costringe alla dialisi, tre volte in settimana.
Undici anni sono tanti, in teoria fuori dal target mediano di sopravvivenza. Sono fortunato (o forse no). Il risultato è che il mio orizzonte si restringe, tra due giorni è Natale e in questa giornata grigia e nebbiosa l'unico pensiero che mi viene è chissà se vedrò il prossimo.
Per raccontare (sopreattutto agli altri malati) la mia storia, devo dire, che ho affrontato all'inizio due trapianti di cellule (mie) e il cancro è andato in remissione per 6 anni. Poi sono ricaduto e sono passato a infusioni di Velcade (con disastrose neuropatie alle gambe) e poi al Revlimid. Altra remissione, durata un anno. E poi, nuova ricaduta, da un mese. Ho ricominciato a inghiottite pillole di Revlimid e vedremo come andrà a finire.
Una vita dimezzata, un prodotto a scadenza mentre gli scienziati cercano nuove cure e vaccini e ce ne sono tante in gestazione. Improbabile che facciano in tempo per me.
Però conviene tenersi informati, cosa che faccio da tempo consultando soprattutto siti americani. Ecco il senso di questo blog. Condividere le informazioni che trovo, con la massima prudenza (non sono un medico) sperando che qualcuno le possa più autorevolemente confermare. E offrire questo spazio ad altri malati come me per scambiare le esperienze. E per sentirsi meno soli