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mercoledì 20 aprile 2016

Ecco le nuove linee guida per il trattamento del #mieloma

BOSTON, 20 aprile - I nuovi trattamenti per il mieloma multiplo sono ora accessibili a un numero più alto di pazienti. È l'effetto delle nuove linee guida aggiornate dagli esperti del National Comprehensive Cancer Network (Nccn), che hanno di recente presentato i risultati del loro lavoro nel corso dell'ultima conferenza annuale dell'associazione.
Kenneth Anderson, docente presso l'Harvard Medical School e il Dana Farber Cancer Institute di Boston, spiega: «Abbiamo modificato le linee guida per ampliare il numero di persone che possono beneficiare dei nuovi trattamenti». Ora anche i pazienti asintomatici sono eleggibili per il trattamento. «Non dobbiamo più aspettare che siano presenti le cosiddette caratteristiche Crab, ovvero aumento dei livelli di calcio, insufficienza renale, anemia o anomalie ossee», aggiunge Anderson.
Ci sono novità anche sulla classificazione delle nuove diagnosi di mieloma multiplo. Ora non ci si basa più sul sistema di stadiazione Iss (International staging system), ma su una versione rivista che si serve anche di dati citogenetici.

Si registrano novità anche per quanto riguarda i trattamenti. Per i pazienti con una nuova diagnosi i medici indicano come regime preferenziale di categoria 1 la combinazione lenalidomide/bortezomib/dexametasone, che si è dimostrata superiore alle combinazioni di due farmaci. Un'altra combinazione tripla è costituita da lenalidomide/ixazomib/dexametasone.
«Per la prima volta disponiamo di una tripletta di farmaci orali come trattamento iniziale, un enorme vantaggio per i caregiver, ma soprattutto per i pazienti», spiega Anderson.
Infine, le linee guida si esprimono anche sui casi di recidiva, trattabili ora anche con due nuovi farmaci, Elotuzumab e Daratumumab, entrambi approvati dalla Fda americana nel novembre scorso.
«Tanti cambiamenti che riflettono i grandi passi avanti compiuti nella diagnosi e nel trattamento della patologia», conclude Anderson.

domenica 10 aprile 2016

#MIELOMA, in Canada sperimentato trapianto "tandem" (autologo e allogenico)


MONTREAL, 10 aprile - Un approccio in prima linea con un trapianto ‘tandem’, cioè un primo trapianto autologo seguito da un trapianto allogenico non mieloablativo ha mostrato di portare a una sopravvivenza globale (OS) e una sopravvivenza libera da progressione (PFS) promettenti tra i pazienti con mieloma multiplo in uno studio di fase II uscito da poco sulla rivista Bone Marrow Ttransplantation.

Anche se le nuove terapie farmacologiche e il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche hanno migliorato gli outcome dei pazienti colpiti da mieloma multiplo, questa condizione rimane in gran parte incurabile, spiegano nell’introduzione gli autori, guidati da Jean Roy, dell'Università di Montreal e capo del dipartimento di ematologia e oncologia presso il Maisonneuve-Rosemont Hospital.

"Il trapianto allogenico rappresenta un’opzione potenzialmente curativa per i pazienti con mieloma multiplo" scrivono Roy e i colleghi. "I primi studi in cui si sono utilizzati regimi mieloablativi nei pazienti con malattia avanzata hanno mostrato PFS (progression free survival) a 4-6 anni comprese tra il 34 e il 70% nei pazienti che avevano raggiunto la remissione completa dopo il trapianto allogenico. I fattori associati a una migliore PFS sono risultati un minor numero di trattamenti prima del trapianto, una graft-versus-host disease (GVHD) acuta di grado I e la presenza di GVHD cronica" aggiungono i ricercatori (
le cellule del donatore forniscono una risposta esagerata aggredendo il sistema immunitario della persona ricevente immunosoppressa, riconoscendolo come corpo estraneo).
.
Tuttavia, secondo gli autori, il trapianto di staminali mieloablativo è apparso associato a una maggiore incidenza di mortalità in assenza di recidiva. Perciò, allo scopo di massimizzare l'effetto anti-mieloma e ridurre al minimo la mortalità in assenza di recidiva, Roy e i colleghi hanno sviluppato un regime mieloablativo associato a un'alta incidenza di GVHD cronica e ne hanno testato l’efficacia sulla sopravvivenza e sull’eradicazione della malattia.

L'analisi ha riguardato 92 pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi (età media 52 anni, range 39-64, 57% uomini) trattati tra il 2001 e il 2010. Ogni paziente con un donatore famigliare compatibile è stato sottoposto al trapianto autologo e da 60 a 100 giorni dopo ambulatoriamente anche a un trapianto allogenico non mieloablativo da donatore 6/6 HLA-compatibile (
Human leukocyte antigen) con un condizionamento con fludarabina e ciclofosfamide.

Il follow-up è stato di 8,8 anni e si è sviluppata una GVHD acuta classica nel 9% dei pazienti (IC al 95% 4-17).

In questi soggetti sottoposti al doppio trapianto la probabilità di OS a 10 anni è risultata del 62% (IC al 95% 51-72; mediana non raggiunta) e quella di PFS a 10 anni del 41% (IC al 95% 30-52; PFS mediana 4,3 anni). 

Alta incidenza di GVHD cronica
Nonostante l’incidenza cumulativa di GVHD cronica sia risultata alta (79%), la maggior parte dei sopravviventi a lungo termine ha interrotto i farmaci immunosoppressori entro 5 anni dal trattamento. Tra i sopravvissuti, la probabilità di essere ancora sottoposti a qualsiasi trattamento immunosoppressivo sistemico dopo 5 anni è risultata del 38% (IC al 95% 27-49) e dopo 10 anni del 22% (IC al 95% 7-39).L'incidenza di mortalità in assenza di recidiva a 10 anni è risultata bassa, e pari al 10% (IC al 95% 4-18).
Dieci pazienti sono morti per cause diverse dal mieloma multiplo, di cui sei a causa di una GVHD refrattaria al trattamento, tre (di cui uno fumatore) per un cancro al polmone e uno per un’aspergillosi invasiva.
"In molti ospedali, i medici hanno abbandonato il ricorso agli allotrapianti per il mieloma multiplo a causa del rischio di tossicità e ricaduta" ha detto Roy in un comunicato stampa. "I nostri risultati, invece, ci hanno portato a offrire il trattamento a più pazienti, in particolare a quelli più giovani e a quelli con una prognosi più sfavorevole".

mercoledì 6 aprile 2016

IL MIELOMA si cura anche con i cannabinoidi. Il via alla spermentazione

ANCONA, 6 aprile -Sulla base dei risultati ottenuti da uno studio dell'Università di Camerino, la One World Cannabis Pharmaceutical, azienda farmaceutica biotech israelo-americana, ha deciso di avviare la prima sperimentazione al mondo con cannabinoidi su pazienti affetti da mieloma multiplo, in collaborazione con il Sheba Academic Medical Center. Il lavoro, coordinato da Massimo Nabissi del gruppo di ricerca di Patologia generale e immunologia diretto dal prof. Giorgio Santoni, docenti della Scuola di scienze del farmaco e dei prodotti della Salute di Unicam, è iniziato nel 2013 in collaborazione con i professori Pietro Leoni e Massimo Offidani della clinica di Ematologia degli Ospedali Riuniti di Ancona. L'obiettivo, verificare se in quei pazienti fossero espressi nelle plasmacellule tumorali recettori cannabinoidi e quindi se tali cellule potessero essere bersaglio dell'azione dei cannabinoidi. "Dopo l'autorizzazione del Comitato etico, sono stati reclutati i pazienti che hanno firmato il consenso informato - ha dichiarato Nabissi - e abbiamo iniziato la sperimentazione con lo scopo principale di verificare se il trattamento combinato di Cannabidiolo con un farmaco attualmente utilizzato nella terapia del mieloma potesse dare un maggiore effetto citotossico in cellule tumorali mielomatose e se l'utilizzo del Cbd fosse in grado di ridurre la dose del chemioterapico". Il lavoro è stato pubblicato nel 2015 su International journal of cancer, prestigiosa rivista scientifica internazionale in ambito oncologico. Sulla base dei dati emersi, la biotech Owcp ha deciso di iniziare il primo studio al mondo su pazienti affetti da mieloma multiplo, utilizzando la combinazione dei farmaci sperimentata dai ricercatori Unicam.  “Si tratta ovviamente di una grande soddisfazione – ha proseguito  Nabissi – sia per noi che per l’intero Ateneo, dal momento che non tutti i lavori di ricerca in ambito sperimentale riescono a raggiungere un’applicazione clinica”.

“Vorrei comunque sottolineare – ha ribadito Nabissi – la sostanziale differenza tra il concetto di cannabis terapeutica e quello dell’uso ricreativo, tematica su cui ultimamente si dibatte molto. L’utilizzo per uso terapeutico significa che noi ricercatori testiamo composti purificati dalla pianta di Cannabis sativa e utilizziamo i singoli composti in combinazione con le attuali terapie farmacologiche. Non si tratta dunque di pubblicizzare un uso ricreativo che è attualmente proibito per legge. Questi due aspetti non vanno assolutamente confusi”.

“Comunque - ha concluso Nabissi - l’uso dei cannabinoidi è ormai stato considerato efficace in diverse patologie, che vanno dal dolore cronico (oncologico e non), come anti-emetico, per  ridurre il vomito (es. nei pazienti soggetti a chemioterapia) anti-anoressizzante nello stimolazione dell’appetito (in pazienti affetti da cachessia e/o anoressia), in alcune forme di glaucoma e nella Sclerosi Multipla. Inoltre la ricerca in campo oncologico, sta ormai avviandosi alla fase clinica, in quanto un primo studio sull’uso dei cannabinoidi in combinazione con chemioterapici è in corso in pazienti affetti da glioblastoma multiforme. Ed anche in questo settore oncologico, il nostro gruppo di ricerca ha contribuito con diverse pubblicazioni scientifiche, che hanno permesso di valutare l’effetto terapeutico del Cbd nel glioblastoma”.
 
Questo lavoro ed il successo che ha ottenuto rappresentano una ulteriore conferma dell’eccellenza della qualità della ricerca scientifica Unicam, riconosciuta anche a livello internazionale.

lunedì 4 aprile 2016

Primo sì europeo al DARZALEX (daratumumab)


BEERSE (Belgio), 4 aprile - Janssen-Cilag International NV ("Janssen") ha oggi annunciato che il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha emesso un parere positivo raccomandando l'autorizzazione al commercio condizionata nell'Unione europea di DARZALEX® (daratumumab) l'innovativa immunoterapia mirata alla proteina CD38. L'indicazione consigliata riguarda il trattamento monoterapico dei pazienti adulti affetti da mieloma multiplo (MM) recidivato e refrattario precedentemente sottoposti a una terapia basata su un inibitore del proteasoma (IP) e su un agente immunomodulante con dimostrata progressione della malattia rispetto all'ultimo trattamento somministrato. Questa richiesta è stata sottoposta a una valutazione accelerata da parte del CHMP, un processo riservato ai prodotti medicinali potenzialmente significativi per la salute pubblica, in particolare per quanto riguarda l'innovazione terapeutica.
Vengono considerati refrattari i casi di mieloma multiplo con progressione della malattia entro 60 giorni dall'ultima terapia ricevuta. La prognosi per gli ammalati di mieloma multiplo recidivato e refrattario resta infausta; per questo tipo di pazienti, la sopravvivenza globale mediana (OS) va da nove a soli 5 mesi.4
Il parere del CHMP si è basato sulla valutazione dei dati dello studio di fase 2 MMY2002 (SIRIUS) pubblicato nella rivista The Lancet, sullo studio clinico di fase 1/2 GEN501, pubblicato nella rivista The New England Journal of Medicine, e sui dati di altri tre studi clinici di supporto riguardanti pazienti con mieloma multiplo recidivato e refrattario già precedentemente sottoposti a terapia e che avevano esaurito altre opzioni di trattamento approvate, con malattia in progressione al momento dell'arruolamento.I risultati di un'analisi di efficacia combinata degli studi clinici GEN501 e MMY2002 (SIRIUS) hanno dimostrato che dopo un follow-up medio di 14,8 mesi la sopravvivenza globale mediana stimata, in questi pazienti già precedentemente sottoposti a numerosi trattamenti e a cui era stato somministrato daratumumab in monoterapia (16 mg/kg), era di 20 mesi (intervallo di confidenza 95%, 15-non valutabili). Il tasso di risposta globale (ORR) per l'analisi combinata è stato del 31%, con stabilizzazione o miglioramento della malattia per l'83% dei pazienti.7
Daratumumab è il primo anticorpo monoclonale (mAb) mirato alla proteina CD38 consigliato per l'approvazione in Europa. Agisce legandosi alla proteina CD38, una molecola di segnalazione con espressione elevata sulla superficie di diverse cellule del mieloma indipendentemente dalla fase della malattia. In questo modo daratumumab attiva il sistema immunitario del paziente per attaccare le cellule cancerogene, con la conseguente rapida morte delle cellule tumorali tramite diversi meccanismi d'azione immuno-mediati e tramite effetti immunomodulanti, oltre a provocare la morte diretta delle cellule tumorali tramite apoptosi (morte cellulare programmata).
"Siamo impegnati nell'offerta di terapie innovative ai pazienti che convivono con complessi tumori del sangue. Per daratumumab abbiamo lavorato a stretto contatto con il CHMP per garantire il completamento della valutazione in tempi più brevi", ha affermato Jane Griffiths, presidente del Janssen per l'Europa, il Medio Oriente e l'Africa. "Siamo lieti di ricevere questo parere positivo, che permette di ridurre i tempi per la disponibilità di daratumumab per i pazienti con mieloma multiplo in Europa".
Il parere positivo del CHMP sarà ora valutato dalla Commissione europea, l'autorità che concede l'autorizzazione all'immissione in commercio per i medicinali dello Spazio economico europeo. La decisione finale della Commissione europea su daratumumab è prevista per i prossimi mesi.
Questo annuncio fa seguito alla prima approvazione normativa di daratumumab da parte della Food and Drug Administration (FDA) statunitense per il trattamento dei pazienti affetti da mieloma multiplo sottoposti ad almeno tre linee terapiche precedenti, tra cui un inibitore del proteasoma e un agente immunomodulante, o che sono doppiamente refrattari ad un inibitore del proteasoma e a un agente immunomodulante, nel mese di novembre 2015 dopo una revisione prioritaria di quattro mesi da parte della FDA.9
Janssen dispone dei diritti esclusivi a livello mondiale per lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di daratumumab per tutte le indicazioni potenziali. Janssen ha ottenuto i diritti di licenza su daratumumab da Genmab A/S nel mese di agosto del 2012.

Aplidin®, nuovo farmaco di origine marina per la cura del #MIELOMA


MADRID, 4 aprile - PharmaMar (MSE:PHM) ha annunciato oggi gli ottimi risultati conseguiti da ADMYRE, il suo studio clinico di fase III, per mezzo della somministrazione di Aplidin® (plitidepsina) combinato con desametasone rispetto alla semplice somministrazione di desametasone a pazienti affetti da mieloma multiplo recidivante/refrattario. Aplidin® ha consentito di ottenere una riduzione significativa dal punto di vista statistico (-35%) del rischio di progressione o di decesso rispetto al trattamento posto a confronto (p=0,0054). Lo studio ha raggiunto il suo obiettivo primario. PharmaMar intende presentare all'Agenzia europea per i medicinali una richiesta per l'autorizzazione all'immissione in commercio nell'ultimo trimestre di quest'anno.
Questo studio pivotale internazionale, randomizzato, in aperto e multicentrico di fase III, chiamato ADMYRE, ha reclutato 255 pazienti in 83 centri medici in 19 Paesi (ivi compresi gli Stati Uniti, l'Europa e la regione Asia Pacifico) affetti da mieloma multiplo recidivante o recidivante e refrattario dopo almeno tre, ma non oltre sei regimi terapeutici precedenti.
L'efficacia del plitidepsin combinato con desametasone rispetto al solo desametasone è stata valutata prendendo in considerazione la sopravvivenza libera da malattia calcolata in base ai criteri IMWG (International Myeloma Working Group) e altri risultati secondari. La descrizione completa dei dati finali dello studio ADMYRE sarà presentata in un imminente simposio scientifico.
"Sulla scorta di questi risultati positivi, nell'ultimo trimestre del 2016 intendiamo presentare all'Agenzia europea per i medicinali la richiesta per l'autorizzazione all'immissione in commercio", ha dichiarato Luis Mora, Managing Director, Oncology Business Unit, PharmaMar, che soggiunge "Il mio ringraziamento va a tutti i pazienti, ai medici e al team dedicato presso PharmaMar che, con la loro partecipazione, hanno contribuito al successo di questo studio clinico. Aplidin® potrebbe essere il nostro secondo farmaco di origine marina ad essere immesso in commercio".
Come precedentemente comunicato, PharmaMar ha stipulato degli accordi di licenza per la commercializzazione e la distribuzione del farmaco candidato Aplidin® con Specialised Therapeutics Asia, in diversi Paesi asiatici, in Australia e Nuova Zelanda; con TTY Biopharm a Taiwan; con Chugai Pharma Europe ha perfezionato un accordo di co-promozione valido per 8 Paesi europei.   
Informazioni su APLIDIN® (plitidepsin)  
La plitidepsina è un agente antitumorale sperimentale di origine marina, originariamente ottenuto dall'ascidacea della specie Aplidium albicans. È un farmaco d'eccellenza che si lega specificamente alla proteina eEF1A2 presente nelle cellule tumorali. La plitidepsina è attualmente in fase di sviluppo clinico per i tumori del sangue, tra cui questo studio di fase III su mieloma multiplo recidivante o refrattario, uno studio di Fase Ib su mieloma multiplo recidivante o refrattario come farmaco concomitante in tripla associazione con bortezomib e desametasone, e uno studio di fase II su Linfoma a cellule T angioimmunoblastico recidivante o refrattario. La plitidepsina ha ricevuto dall'Agenzia europea per i medicinali (EMA) e dalla FDA la designazione di farmaco orfano.