MONTREAL, 10 aprile - Un approccio in prima linea con un trapianto ‘tandem’, cioè un primo trapianto autologo seguito da un trapianto allogenico non mieloablativo ha mostrato di portare a una sopravvivenza globale (OS) e una sopravvivenza libera da progressione (PFS) promettenti tra i pazienti con mieloma multiplo in uno studio di fase II uscito da poco sulla rivista Bone Marrow Ttransplantation.
Anche se le nuove terapie farmacologiche e il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche hanno migliorato gli outcome dei pazienti colpiti da mieloma multiplo, questa condizione rimane in gran parte incurabile, spiegano nell’introduzione gli autori, guidati da Jean Roy, dell'Università di Montreal e capo del dipartimento di ematologia e oncologia presso il Maisonneuve-Rosemont Hospital.
"Il trapianto allogenico rappresenta un’opzione potenzialmente curativa per i pazienti con mieloma multiplo" scrivono Roy e i colleghi. "I primi studi in cui si sono utilizzati regimi mieloablativi nei pazienti con malattia avanzata hanno mostrato PFS (progression free survival) a 4-6 anni comprese tra il 34 e il 70% nei pazienti che avevano raggiunto la remissione completa dopo il trapianto allogenico. I fattori associati a una migliore PFS sono risultati un minor numero di trattamenti prima del trapianto, una graft-versus-host disease (GVHD) acuta di grado I e la presenza di GVHD cronica" aggiungono i ricercatori (le cellule del donatore forniscono una risposta esagerata aggredendo il sistema immunitario della persona ricevente immunosoppressa, riconoscendolo come corpo estraneo).
.
Tuttavia, secondo gli autori, il trapianto di staminali mieloablativo è apparso associato a una maggiore incidenza di mortalità in assenza di recidiva. Perciò, allo scopo di massimizzare l'effetto anti-mieloma e ridurre al minimo la mortalità in assenza di recidiva, Roy e i colleghi hanno sviluppato un regime mieloablativo associato a un'alta incidenza di GVHD cronica e ne hanno testato l’efficacia sulla sopravvivenza e sull’eradicazione della malattia.
L'analisi ha riguardato 92 pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi (età media 52 anni, range 39-64, 57% uomini) trattati tra il 2001 e il 2010. Ogni paziente con un donatore famigliare compatibile è stato sottoposto al trapianto autologo e da 60 a 100 giorni dopo ambulatoriamente anche a un trapianto allogenico non mieloablativo da donatore 6/6 HLA-compatibile (Human leukocyte antigen) con un condizionamento con fludarabina e ciclofosfamide.
Il follow-up è stato di 8,8 anni e si è sviluppata una GVHD acuta classica nel 9% dei pazienti (IC al 95% 4-17).
In questi soggetti sottoposti al doppio trapianto la probabilità di OS a 10 anni è risultata del 62% (IC al 95% 51-72; mediana non raggiunta) e quella di PFS a 10 anni del 41% (IC al 95% 30-52; PFS mediana 4,3 anni).
Alta incidenza di GVHD cronica
Nonostante l’incidenza cumulativa di GVHD cronica sia risultata alta (79%), la maggior parte dei sopravviventi a lungo termine ha interrotto i farmaci immunosoppressori entro 5 anni dal trattamento. Tra i sopravvissuti, la probabilità di essere ancora sottoposti a qualsiasi trattamento immunosoppressivo sistemico dopo 5 anni è risultata del 38% (IC al 95% 27-49) e dopo 10 anni del 22% (IC al 95% 7-39).L'incidenza di mortalità in assenza di recidiva a 10 anni è risultata bassa, e pari al 10% (IC al 95% 4-18).
Dieci pazienti sono morti per cause diverse dal mieloma multiplo, di cui sei a causa di una GVHD refrattaria al trattamento, tre (di cui uno fumatore) per un cancro al polmone e uno per un’aspergillosi invasiva.
"In molti ospedali, i medici hanno abbandonato il ricorso agli allotrapianti per il mieloma multiplo a causa del rischio di tossicità e ricaduta" ha detto Roy in un comunicato stampa. "I nostri risultati, invece, ci hanno portato a offrire il trattamento a più pazienti, in particolare a quelli più giovani e a quelli con una prognosi più sfavorevole".
Nessun commento:
Posta un commento