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mercoledì 29 marzo 2017

L'EMA raccomanda l'ampliamento dell'autorizzazione al DARATUMUMAB

Il Comitato scientifico ( CHMP ) dell'Agenzia europea per i medicinali ( EMA ) ha raccomandato l'ampliamento della autorizzazione all'immissione in commercio già esistente per Darzalex ( Daratumumab ), in combinazione con Lenalidomide e Desametasone, oppure Bortezomib e Desametasone, per il trattamento dei pazienti adulti con mieloma multiplo già precedentemente sottoposti ad almeno una terapia.

Il parere positivo del CHMP si basa su un riesame dei dati dello studio clinico di fase 3 MMY3003 ( POLLUX ), pubblicato sul The New England Journal of Medicine ( NEJM 2016 ), e sul riesame dei dati dello studio clinico di fase 3 MMY3004 ( CASTOR ), anch'esso pubblicato sul The New England Journal of Medicine ( 2016 ).

Il profilo di sicurezza di Daratumumab in combinazione con i trattamenti di cura standard è risultato in linea con gli studi in monoterapia. 
In combinazione con Lenalidomide e Desametasone ( POLLUX ), gli eventi avversi più comuni di grado 3 o 4 nel corso del trattamento sono stati: neutropenia ( 51.9% ), trombocitopenia ( 12.7% ) e anemia ( 12.4% ). Nel 47.7% dei pazienti si sono verificate reazioni correlate all'infusione associate al trattamento con Daratumumab, soprattutto di grado 1 o 2. 
In combinazione con Bortezomib e Desametasone ( CASTOR ), tre degli eventi avversi riportati più comuni di grado 3 o 4 erano trombocitopenia ( 45.3% ), anemia ( 14.4% ) e neutropenia ( 12.8% ). Le reazioni correlate all'infusione associate al trattamento con Daratumumab, riportate nel 45.3% dei pazienti, erano per lo più di grado 1 o 2 ( grado 3 nell’8.6% dei pazienti ); nel 98.2% di questi pazienti si sono verificate nel corso della prima infusione.

Daratumumab in precedenza aveva ricevuto l'approvazione condizionale da parte della Commissione europea ( CE ) nel mese di maggio 2016, come indicazione sotto forma di monoterapia per il trattamento dei pazienti adulti con mieloma multiplo recidivato o refrattario, precedentemente trattati con un inibitore del proteasoma e un farmaco immunomodulante, e con progressione della malattia nel corso dell'ultima terapia.
Daratumumab è stato il primo anticorpo monoclonale anti-CD38 approvato per l'uso in tutto il mondo.
Praticamente tutti i pazienti con mieloma multiplo sono soggetti a ricadute che solitamente diventano più aggressive. 

venerdì 24 marzo 2017

Arrivano dalla CINA nuove buone notizie sul KYPROLIS (e sulle cure del MIELOMA)


Cure che contenevano il carfilzomib inibitore del proteasoma (Kyprolis) hanno portato a risposte cliniche impressionanti quando usato come trattamento di prima linea per il mieloma multiplo, e le risposte apparivano notevolmente migliorate se accompagnate da trapianto autologo di cellule staminali (ASCT) e terapia di consolidamento: lo indica un'analisi aggregata di 13 studi.
Nell'analisi di 704 pazienti trattati con una combinazione contenente carfilzomib, gli investigatori hanno documentato un tasso di risposta completa (CR) del 21%, una risposta parziale molto buona (VGPR) con tasso del 68%, e un tasso di risposta globale (ORR) del 94% .
L'entità delle risposte è anche aumentata con un crescente numero di cicli così come dopo il trapianto e il consolidamento, come Zhixin Sheng, MD, dell'Ospedale del Popolo di Weifang in Cina, e colleghi hanno riportato nel Journal of Haematology .
"I dati supportano la conclusione che combinazioni contenenti Carfilzomib potrebbero produrre benefici clinici nei pazienti con nuova diagnosi di mieloma multiplo. Il tasso di risposta alta qualità potrebbe essere ulteriormente migliorata attraverso il trapianto auologo e più cicli di chemioterapia. La combinzione carfilzomib- lenalidomide [Revlimid] e dexamethasone può essere una buona opzione di combinazione per carfilzomib ".
La maggior parte dei pazienti con mieloma multiplo recidivo  hanno sviluppato resistenza agli agenti nuovi, creando un continuo bisogno di opzioni terapeutiche aggiuntive. Carfilzomib ha dimostrato una potente attività nei pazienti con malattia recidivante o refrattario e un profilo di rischio-beneficio favorevole.
Una varietà di regimi sono stati utilizzati in tutti i 13 studi analizzati, ma i più comuni sono stati triplette contenenti carfilzomib, lenalidomide e desametasone, e carfilzomib, ciclofosfamide e desametasone. L'età mediana dei pazienti era compresa 56-74.
Nella maggior parte degli studi, carfilzomib stato somministrato alla dose di 20 mg / m 2 ai giorni 1 e 2 del primo ciclo e ad una dose maggiore di 36 mg / m 2 dopo che (20/36 mg / m 2 ). Alla dose di 20/36 mg / m 2 un'analisi dei sottogruppi ha mostrato che il tasso di CR è stata del 31%, mentre il tasso VGPR era 76%. L'ORR nella stessa analisi dei sottogruppi è stata del 95%.
"Anche nell'era della carfilzomib, il trapianto autologo di cellule staminali (ASCT) e la terapia di consolidamento potrebbero migliorare ulteriormente la qualità di risposta", ha detto gli autori dello studio.
"Impressionante" la sopravvivenza libera da progressione (PFS): i tassi sono stati osservati attraverso i 13 studi analizzati, hanno riportato Sheng e icolleghi . A 1 anno, il 92% dei pazienti era ancora vivo e libero da progressione della malattia, mentre a 2 anni, il tasso di sopravvivenza libera da progressione è stata dell'84%. A 3 anni, il 76% dei pazienti trattati con una combinazione di carfilzomib fosse ancora vivo e libero da progressione della malattia.
Il trattamento è stato ben tollerato: anemia al 58% (tutti i gradi) era l'evento avverso ematologico più comune, seguita da trombocitopenia (51%) e neutropenia (47%). Un po 'più della metà dei pazienti ha avuto sia l'iperglicemia, mentre circa un terzo dei pazienti ogni sviluppato edema e nausea. test di funzionalità epatica erano elevati in circa il 30% dei pazienti.

mercoledì 15 marzo 2017

MIELOMA, con l'immunoterapia mortalità ridotta del 60%


 E' una opportunità sia per chi ha appena ricevuto la diagnosi sia per chi si è già sottoposte alle terapie ma è andato incontro a una ricaduta. La nuova frontiera delle terapie per il mieloma multiplo risiedono nella stimolazione del sistema immunitario. In una sola parola: nell’immunoterapia . L’insieme di progressi contro questo tumore del sangue è stato al centro dell’attenzione del workshop internazionale sul mieloma multiplo, appena conclusosi a Nuova Delhi. 

Mortalità ridotta fino al 60 per cento  
Si chiama daratumumab il primo di una nuova classe di anticorpi monoclonaliche, grazie ad un meccanismo d’azione nuovo, può sia stimolare il sistema immunitario sia attaccare direttamente le cellule tumorali del mieloma multiplo. 

Gli studi a oggi effettuati sui pazienti più difficili da trattare, perché refrattari e quindi non più in grado di rispondere alle terapie disponibili, hanno mostrato risultati di efficacia mai raggiunti prima in termini di sopravvivenza libera da progressione di malattia e di risposta generale alla terapia. Questi, come spiega Michele Cavo, ordinario di ematologia all’Università di Bologna, «sono i pazienti più complessi da trattare, che presentano un’attesa di vita di pochi mesi. Daratumumab in monoterapia ha prolungato la sopravvivenza di questi pazienti di 3 o 4 volte».  

La molecola rappresenta un giro di boa nel miglioramento della terapia per il mieloma multiplo. «Gli anticorpi monoclonali hanno il potenziale per cambiare radicalmente la strategia terapeutica del mieloma multiplo - fa eco Mario Boccadoro, direttore dell’ematologia universitaria di Torino -. Daratumumab può essere aggiunto alle terapie in corso e ha consentito di ottenere ottimi risultati anche nei pazienti più complessi. In combinazione, in soggetti alla seconda o terza ricaduta, ha consentito di ridurre la mortalità fino al 60 per cento. Ora sono in corso studi per utilizzarlo già alla diagnosi e si aprono nuovi orizzonti. L’obiettivo è essere un giorno in grado di cronicizzare il mieloma multiplo».  

Le prospettive dell’immunoterapia  
Il nuovo farmaco - in fase di approvazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) - è il primo della classe di anticorpi monoclonali chiamati anti CD-38, in grado di unire all’attività immunitaria un’azione diretta che porta a morte le cellule tumorali. La molecola agisce su una proteina (CD-38) espressa dalle cellule del mieloma multiplo a ogni stadio della malattia. Si tratta dunque di un vero e proprio «serial killer» per le cellule malate, in grado di uccidere soltanto le cellule cancerose. Prosegue Boccadoro: «Da quando la ricerca si muove nel campo degli anticorpi monoclonali, per il mieloma multiplo si sta inaugurando una fase completamente nuova e si stanno aprendo prospettive interessanti anche per i pazienti che in precedenza avevano ricevuto numerose linee di trattamento». 

lunedì 13 marzo 2017

CANNABIS, esperimenti di uso terapeUtico contro il MIELOMA


C’è chi pensa che la pianta della cannabis sia usata esclusivamente per produrre prodotti “di svago”. E c’è chi invece su questa pianta ci ha scommesso molto: non solo agricoltori e imprenditori ma anche ricercatori e medici. Se l’uso della cannabis per alleviare le sofferenze dei pazienti è ormai una realtà, non sempre accettata, ma conosciuta, molto meno conosciuto è il campo della ricerca nel ridurre la crescita, o indurre la morte, delle cellule tumorali.
Sono centinaia gli studi in questo senso, svolti in silenzio nei laboratori di tutto il mondo fin dagli anni ’90, che hanno l’obiettivo di ampliare le conoscenze attuali sui farmaci antitumorali e dare nuove speranze ai malati.
Come nel laboratorio di Camerino, dove il Dr.Massimo Nabissi, ricercatore del gruppo di Patologia ed Immunologia della Scuola del Farmaco e dei Prodotti della Salute, lavora fin dal 2008 allo studio sul ruolo anti-tumorale dei cannabinoidi sia nel GBM (tumore del cervello) sia nel mieloma multiplo. E i risultati sono davvero importanti.
“L’idea dello studio nel mieloma è nata – ci racconta Nabissi – da una collaborazione con il Dipartimento di Ematologia degli Ospedali Riuniti di Ancona. Il nostro lavoro aveva dimostrato che la maggior parte delle cellule tumorali isolate dai pazienti analizzati mostrava la presenza di un recettore di membrana che rispondeva se stimolato con i cannabidiolo (CBD). Da questo dato siamo andati a valutare “in vitro” l’effetto del CBD sia da solo sia in combinazione con un farmaco utilizzato di solito nella terapia del mieloma multiplo (il Bortezomib). I dati hanno dimostrato un ruolo anti-proliferativo del CBD e un’azione sinergica della combinazione CBD insieme al farmaco.”. Che cosa vuol dire in concreto? Che l’aggiunta del principio attivo della cannabis, insieme al farmaco già conosciuto, permette di ottenere una risposta maggiore rispetto a quella dei due farmaci usati singolarmente.Da qui la spinta a continuare. “Nel lavoro successivo – continua Nabissi- abbiamo testato la combinazione THC/CBD in combinazione con un nuovo farmaco (Carfilzomib) sempre nel mieloma multiplo e anche in questo caso i dati hanno dimostrato che la combinazione è più efficace dei singoli farmaci ed inoltre riduce la migrazione (processo di metastasi) delle cellule tumorali. Questi dati “in vitro” che abbiamo ottenuto, sono stati presi ad esempio, da una Biotech Israeliana, per la richiesta di avvio del primo studio “in vivo”, in pazienti affetti da mieloma multiplo”.
 Per la prima volta quindi la sperimentazione non si limiterà ad essere studiata su delle cellule (fasi pre cliniche di una ricerca) ma arriverà su veri e propri pazienti che utilizzeranno, insieme al farmaco “ufficiale”, anche quello a base di THC e CBD.
Se quindi per il mieloma multiplo la sperimentazione sui pazienti sta per cominciare,per altri tipi di tumori la ricerca è già molto avanti. Ci spiega Nabissi: “La sperimentazione con THC/CBD in combinazione con Temodal (il farmaco attualmente in uso nella terapia per il tumore al cervello), ha ormai superato la fase clinica II, con risultati che sono stati appena pubblicati nel sito della casa farmaceutica che ha svolto la sperimentazione . Da quello che si legge, a breve organizzeranno la fase clinica III che se darà risultati positivi potrà permettere di utilizzare questa combinazione nella terapia futura su centinaia o migliaia di pazienti. Per altri tipi di tumore, come il tumore al seno, al polmone, melanoma, pancreas la ricerca è in una fase avanzata a livello di studi pre-clinici”.
Nonostante i risultati diano ragione a queste ricerche e suggerirebbero di continuare su questa strada, Nabissi non nasconde il suo rammarico: “Quello che noto in Italia è che ci sono due principali prese di posizione, chi è a favore e chi è contro all’uso terapeutico dei cannabinodi. Trattandosi di farmaci, facendo una comparazione semplicistica, è come se in Italia ci fossero due prese di posizione pro e contro alla morfina, agli anti-depressivi o agli oppiacei. Se i cannabinoidi vengono viste come “droghe”, lo stesso dovrebbe valere per la morfina, per gli oppiacei (utilizzati nei cerotti antidolorifici ed acquistabili in farmacia) o per gli anti-depressivi (es. le benzodiazepine), tutti farmaci che possono indurre dipendenza psicologica e fisica (tutti dati reperibili sul sito del Ministero della Salute o nel sito dell’Agenzia Italiana del Farmaco). Quindi mi chiederei, perché esiste questo pregiudizio per i farmaci cannabinodi? All’estero, almeno in alcuni paesi europei e negli Sati Uniti d’America, l’argomento cannabis terapeutica viene trattato in modo molto più approfondito e lo sviluppo d’imprese che lavorano nell’ambito della cannabis è in forte espansione. Solo in Europa (Olanda, U.K., Germania, Spagna Svizzera, Repubblica Ceca, ecc…) sono presenti diverse ditte che si occupano nello sviluppare nuovi incroci di piante, nella purificazione di cannabinodi, nello sviluppo di nuove formulazioni, nella ricerca pre-clinica”. In Italia fare ricerca in questo campo è davvero difficile da punto di vista burocratico o di autorizzazioni, chissà se nel futuro qualcosa cambierà
“Personalmente – ci dice ancora Nabissi – credo che in futuro l’uso terapeutico, in specifiche patologie tumorali, avrà applicazione clinica. A livello di ricerca, sono abbastanza convinto che la sperimentazione sui cannabinoidi avrà un grosso sviluppo in alcuni stati europei.”

domenica 5 marzo 2017

DAATUMUMAB, ecco come funziona il "serial killer" del MIELOMA

NEW DELHI, 5 marzo - Nuove, potenti armi contro il mieloma multiplo, in grado sia di mobilitare contro il cancro il sistema immunitario, che di attaccare direttamente le cellule tumorali facendole suicidare. 'Serial killer' di precisione. Il primo di questa nuova classe di anticorpi monoclonali, daratumumab, ha ottenuto risultati positivi in pazienti difficili da trattare, secondo gli studi presentati in anteprima mondiale all'International Myeloma Workshop in corso a New Delhi. Risultati mai raggiunti prima in questi pazienti, sottolineano gli esperti, in termini di sopravvivenza libera da progressione di malattia e di risposta alla terapia.
"Sono i pazienti con mieloma multiplo più complessi da trattare - spiega Michele Cavo, professore ordinario di ematologia all'Istituto di ematologia e oncologia medica Seragnoli dell'università di Bologna - perché divenuti resistenti a tutte le classi di nuovi farmaci disponibili sinora e con un'attesa di vita di pochi mesi. Nonostante queste premesse daratumumab in monoterapia, cioè da solo, ha prolungato la sopravvivenza di questi pazienti di 3 o 4 volte, senza effetti importanti sulla qualità di vita".

Il mieloma multiplo è un tumore raro, che rappresenta poco più dell'1% delle neoplasie e colpisce in Italia circa 5.000 persone l'anno. Questo tumore "è un 'signore' molto astuto - sottolinea il professor Fabio Malavasi, il ricercatore dell'università̀ di Torino che ha messo in luce il funzionamento della molecola bersaglio del nuovo farmaco, il Cd-38 - Si sviluppa in una 'nicchia' midollare che addomestica a suo favore, facendo morire tutte le altre cellule e bloccando la reazione immunitaria grazie a una sostanza che lo rende invisibile". Non solo. "Cresce dentro l'osso e lo divora: in pratica si è costruito nel tempo una strategia di sopravvivenza molto sottile e inattaccabile". Una strategia che il nuovo farmaco va a smontare, agendo in modo selettivo.
Daratumumab, di origine completamente umana, è in fase di approvazione in Italia. E per gli esperti, con questa nuova famiglia di farmaci antitumorali dal doppio meccanismo d'azione, "siamo a un giro di boa nella terapia per il mieloma multiplo".
Il farmaco ha ricevuto l'approvazione della Commissione europea nel trattamento del mieloma multiplo recidivato refrattario, con valutazione accelerata in virtù di questo meccanismo innovativo e dei risultati degli studi pubblicati su 'Lancet' e 'New England Journal of Medicine'.
"Gli anticorpi monoclonali hanno il potenziale per cambiare radicalmente la strategia terapeutica del mieloma multiplo - afferma Mario Boccadoro, professore ordinario al Dipartimento di biotecnologie molecolari e scienze per la salute, Unità operativa di Ematologia, Università di Torino - Daratumumab può essere aggiunto alle terapie in corso e ha consentito di ottenere ottimi risultati anche nei pazienti più̀ complessi; in combinazione, in soggetti alla seconda o terza ricaduta ha consentito di ridurre la mortalità̀ fino al 60%". L'Ema sta valutando infatti l'approvazione dell'anticorpo monoclonale in combinazione con i farmaci al momento utilizzati contro il mieloma.
E sono "in corso nuovi studi - anticipa l'ematologo - per utilizzarlo già al momento della diagnosi: si aprono nuovi orizzonti per cui in futuro potremmo essere in grado di cronicizzare il mieloma multiplo", come grazie alla ricerca si è riusciti a fare con diversi tumori solidi.
Daratumumab è̀ il primo della classe di anticorpi monoclonali anti Cd-38, in grado appunto di unire all'attività̀ immunitaria un'azione diretta che porta a morte le cellule tumorali.

"Questo importante lavoro di studio e di ricerca - commenta Massimo Scaccabarozzi, presidente e amministratore delegato di Janssen Italia - premia l'impegno e la costanza della nostra azienda a favore dei malati e della loro qualità̀ di vita. Il nostro 'killer seriale', infatti, è un killer buono: uccide solo le cellule cattive e consente ai pazienti un aumento di aspettativa e qualità̀ di vita, impensabile fino a ieri. Si alza il velo su una cura che ha potenzialità̀ incredibili e apre molte altre strade da studiare e sviluppare".

mercoledì 1 marzo 2017

DARATUMUMAB, si amplia l'autorizzazione


Janssen-Cilag International NV ha annunciato che il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha raccomandato l'ampliamento della autorizzazione all'immissione in commercio già esistente per DARZALEX (daratumumab).1 In caso di approvazione da parte della Commissione europea, daratumumab potrà essere utilizzato in combinazione con lenalidomide e desametasone, o bortezomib e desametasone, per il trattamento dei pazienti adulti affetti da mieloma multiplo (MM) già precedentemente sottoposti ad almeno una terapia.
Nonostante lo straordinario impegno della comunità oncologica nell'ultimo decennio, il MM resta un tumore incurabile del sangue causato dalla crescita incontrollata delle plasmacellule maligne nel midollo osseo.
Il parere positivo del CHMP si basa su un riesame dei dati dello studio clinico di fase 3 MMY3003 (POLLUX), pubblicato sulla rivista The New England Journal of Medicine nel mese di ottobre 2016, e sul riesame dei dati dello studio clinico di fase 3 MMY3004 (CASTOR), anch'esso pubblicato sulla rivista The New England Journal of Medicine nel mese di agosto 2016.
Il profilo di sicurezza di daratumumab in combinazione con i trattamenti di cura standard era coerente con gli studi in monoterapia. In combinazione con lenalidomide e desametasone (POLLUX), gli eventi avversi più comuni di grado 3 o 4 nel corso del trattamento sono stati neutropenia (51,9%), trombocitopenia (12,7%) e anemia (12,4%).3 Nel 47,7% dei pazienti si sono verificate reazioni correlate all'infusione associata con daratumumab, soprattutto di grado 1 o 2. In combinazione con bortezomib e desametasone (CASTOR), tre degli eventi avversi riportati più comuni di grado 3 o 4 erano trombocitopenia (45,3%), anemia (14,4%) e neutropenia (12,8%).4 Le reazioni correlate all'infusione associate al trattamento con daratumumab, riportate nel 45,3% dei pazienti, erano per lo più di grado 1 o 2 (grado 3 nell 8,6% dei pazienti); nel 98,2% di questi pazienti si sono verificate nel corso della prima infusione.
"Questo parere positivo riconosce i progressi compiuti nel trattamento del mieloma multiplo e, potenzialmente, offre nuove opzioni terapeutiche per i pazienti idonei", ha dichiarato il Dott. Torben Plesner, del Vejle Hospital di Vejle, in Danimarca, ricercatore dello studio clinico su daratumumab. "Daratumumab ha già dimostrato la propria efficacia come agente monoterapico nei pazienti altamente refrattari. A conferma di questi dati, sono incoraggianti anche i risultati derivanti dall'uso combinato con trattamenti standard dopo una prima linea terapica".
Daratumumab inizialmente ha ricevuto l'approvazione condizionale da parte della Commissione europea (CE) nel mese di maggio 2016, come indicazione sotto forma di monoterapia per il trattamento dei pazienti adulti affetti da mieloma multiplo recidivo e refrattario, precedentemente trattati con un inibitore del proteasoma (PI) e un agente immunomodulante, e con progressione della malattia nel corso dell'ultima terapia.5,6Daratumumab è stato il primo anticorpo monoclonale anti-CD38 approvato per l'uso in tutto il mondo.
"Praticamente tutti i pazienti affetti da mieloma multiplo sono soggetti a ricadute che solitamente diventano più aggressive", è stato il commento della Dott.ssa Catherine Taylor, responsabile dell'Area di terapia ematologica di Janssen per l'area Europa, Medio Oriente e Africa (EMEA). "Considero incoraggiante questa raccomandazione importante e rapida che riconosce i progressi compiuti nel trattamento del mieloma multiplo".
Il parere positivo del CHMP sarà ora esaminato dalla Commissione europea, che detiene l'autorità di concedere l'approvazione per questa nuova indicazione.
Questo importante risultato fa seguito alla decisione dello scorso anno da parte della Food and Drug Administration (FDA) statunitense in data 21 novembre 2016, che ha approvato l'uso ampliato di daratumumab in combinazione con bortezomib/desametasone o lenalidomide/desametasone nei pazienti affetti da mieloma multiplo precedentemente sottoposti ad almeno 1 terapia.7