Traduttore

venerdì 9 giugno 2017

LENALIDOMIDE, la chiave per la cronicizzazione del MIELOMA


CHICAGO, 9 giugno - Mieloma multiplo, una scommessa aperta. Le ultime dal congresso dell'American Society of Clinical Oncology (Asco) aprono scenari di speranza. La malattia rappresenta il 15% di tutti i tumori del midollo (il 18% dei pazienti è più giovane di 50 anni al momento della diagnosi). I farmaci oggi arrivano a bloccare le lancette dell'orologio, rallentando o fermando la spinta verso l'aggravamento. Parliamo di lenalidomide in prima linea, asse portante del trattamento del mieloma, con la dottoressa Francesca Gay, dell'Università di Torino, capofila di un centro sul trattamento del mieloma tra i più quotati al mondo. La patologia (moltiplicazione incontrollata delle plasmacellule che affollano il sangue) provoca dolore scheletrico, indebolimento osseo, danneggia il rene, induce debolezza e anemia.
Nel mieloma si è passati a un trattamento continuativo per via orale ben tollerato, spiega la specialista, con la prospettiva di tenere sotto controllo per lunghi anni la malattia con un'ottima qualità di vita. In genere la terapia prevede per tutti una prima fase più aggressiva. In un tempo successivo proseguendo le cure si instaura la tendenza a cronicizzare, sia nei pazienti anziani che in quelli più giovani. Negli anziani, in condizioni fragili e complesse che non possono sopportare il trapianto, la terapia lenalidomide cortisone, approvata recentemente, va portata avanti senza interruzioni. Nel giovane si prospetta preferibilmente anche il trapianto con cellule staminali, come giro di boa, a seguire le cure di mantenimento, da proseguire a domicilio, con controlli ogni due mesi e ripresa delle normali attività. Da citare come effetti collaterali, un eventuale lieve risentimento gastrointestinale o arrossamenti della pelle, in genere ben gestibili con riduzione del dosaggio, senza mai sospendere le somministrazioni. Due anni fa l'Aifa aveva approvato la rimborsabilità di pomalidomide (altra preziosa risorsa recente, parte della famiglia immunomodulanti - lenalidomide) in associazione a desametasone, per i casi più impegnativi di mieloma recidivato refrattario in pazienti adulti già sottoposti ad almeno due regimi terapeutici, comprendenti sia lenalidomide che bortezomib. La somministrazione avviene sempre in maniera continuativa, principio che vale per molti altri farmaci in sperimentazione nel mieloma.
Pur essendo una malattia difficile da guarire, il mieloma si riesce a controllare, ribadisce la dottoressa Gay, con remissioni a lungo termine, come avviene nella leucemia mieloide cronica con il Glivec. L'Ematologia italiana è all'avanguardia nel mondo, la scuola di Torino ha portato studi a questo congresso. Uno degli studi confronta due regimi di trattamento pre trapianto nei pazienti giovani utilizzando lenalidomide (Revlimid) in associazione al carfilzomib inibitore del proteasoma di seconda generazione, o insieme alla ciclofosfamide, studio italiano. I dati presentati riguardano prevalentemente la sicurezza, entrambi i regimi sono ben tollerati senza eccessi di tossicità.
Altro lavoro presentato dall'Università di Torino su lenalidomide attiene a uno studio europeo su 1.500 malati che si è occupato della malattia minima residua nel mieloma, cioè di quella piccola quota di anomalia che rimane nel midollo e che si riesce a eliminare solo in una quota percentuale di pazienti. Lo studio cooperativo tra centri europei si chiama MN02, condotto assieme a un gruppo olandese, e valuta diversi endpoint durante la fase di mantenimento. Scopo principale era la valutazione del ruolo del trapianto, dati già presentati dal professor Michele Cavo ad ASCO 2016 e alla scorsa edizione del congresso ASH (The American Society of Hematology) mostrando la superiorità del trapianto e un vantaggio di sopravvivenza con i nuovi farmaci nel mieloma.

Nessun commento:

Posta un commento