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mercoledì 14 dicembre 2016

Il Myeloma Genome Project per sviluppare nuove terapie


SUMMIT, New Jersey (Stati Uniti), 14 dicembre – Celgene Corporation, il Dana-Farber Cancer Institute e la University of Arkansas for Medical Sciences hanno annunciato la creazione del Myeloma Genome Project, una collaborazione che si prefigge di generare il più ampio set di dati genomici e clinici di alta qualità allo scopo di identificare, nell’ambito del mieloma multiplo, segmenti di malattia molecolare distinti.
Il fine dell’iniziativa è sviluppare test clinicamente rilevanti. I dettagli del progetto e l’iniziale caratterizzazione, così come le analisi preliminari per i pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi, sono stati presentati dal dott. Brian Walker della University of Arkansas for Medical Sciences in occasione del 58° convegno annuale dell’American Society of Hematology tenutosi a San Diego, California (USA).
“Il Myeloma Genome Project è un’iniziativa davvero interessante che potrebbe cambiare il nostro modo di gestire i pazienti con mieloma”, ha affermato il dottor Gareth Morgan, che dirige il Myeloma Institute presso la University of Arkansas for Medical Sciences.
Le attuali tecnologie hanno scoperto cinque principali gruppi di traslocazioni nei pazienti affetti da mieloma e queste alterazioni hanno dimostrato di produrre effetti diversi sulla prognosi. Il Myeloma Genome Project si concentra anche su gruppi di mutazioni e traslocazioni minori spesso descritte in modo insufficiente a causa del numero esiguo di campioni in set di dati limitati. Il gruppo ha costituito un insieme di 2161 pazienti per i quali erano disponibili il sequenziamento dell’intero esoma (Whole Exome Sequencing; n=1436), il sequenziamento dell’intero genoma (Whole Genomic Sequencing; n=708), il sequenziamento mirato di pannelli di geni (n=993) e i dati di espressione provenienti dal sequenziamento dell’RNA e dagli array di espressione genica (n=1497). I dati sono stati raccolti dallo studio Myeloma XI (Regno Unito), dall’Intergroupe Francophone du Myeloma/Dana-Farber Cancer Institute, dal Myeloma Institute presso la University of Arkansas for Medical Sciences e dalla Multiple Myeloma Research Foundation.
Comprendere i diversi sottogruppi del mieloma multiplo che presentano una patogenesi e un comportamento clinico distinti è cruciale quando si cerca di sviluppare nuove terapie, in particolare quando si prende in considerazione un approccio mirato – ha affermato il dott. Rob Hershberg, M.D. Ph.D., Executive Vice President e Chief Scientific Officer di Celgene – Da questa collaborazione ci attendiamo risultati utili per la ricerca e per i pazienti”.
“Aprire la strada verso lo sviluppo di terapie ‘targeted’ e personalizzate per migliorare gli outcome nel trattamento del mieloma, è la finalità del Myeloma Genome Project”, ha spiegato il dott. Nikhil Munshi, Direttore della Divisione Basic and Correlative Science presso il Jerome Lipper Multiple Myeloma Center del Dana-Farber Cancer Institute.
Nell’ambito del Myeloma Genome Project si è iniziato ad integrare ampi e diversificati set di dati genomici e si stanno identificando i dati genetici potenzialmente in grado di fornire informazioni sui bersagli clinici per la terapia. Mentre le analisi sono tutt’ora in corso, gli attuali sforzi dimostrano chiaramente la fattibilità di questi approcci; i membri promotori dell’iniziativa prevedono di espandere la collaborazione per includere centri di ricerca e istituzioni e presentare gli aggiornamenti sul progetto a convegni medici e scientifici oltre che su pubblicazioni su riviste peer-reviewed.

venerdì 25 novembre 2016

REVLIMID, approvata la rimborsabilità anche per i pazienti di nuova diagnosi




L‘Agenzia italiana del farmaco ha approvato la rimborsabilità di Lenalidomide (Revlimid), primo farmaco orale approvato per il trattamento del mieloma multiplo, anche per i pazienti di nuova diagnosi che non possono essere sottoposti a trapianto. Il farmaco commercializzato da Celgene era già autorizzato e rimborsato, in associazione a desametasone per il trattamento di persone con mieloma multiplo sottoposte ad almeno una precedente terapia.
In Europa, nel 2012, questo tumore è stato diagnosticato a circa 38.900 persone e 24.300 sono decedute nello stesso anno. Nel 2015 in Italia si sono registrati in Italia 5.200 nuovi casi. L’età mediana di insorgenza del mieloma multiplo è di settanta anni e circa la metà dei pazienti con nuova diagnosi non è candidabile a trattamenti aggressivi come la chemioterapia ad alte dosi associata a trapianto di cellule staminali, standard di cura per i più giovani. 
«I vantaggi derivanti da una terapia di prima linea con Revlimid e desametasone sono molteplici», afferma Michele Cavo, Direttore dell’Istituto di Ematologia “Seràgnoli” dell’Università degli Studi di Bologna. «In primo luogo, al paziente viene offerta la possibilità di ricevere una classe di farmaci (gli immunomodulanti) differente dagli agenti farmacologici più comunemente utilizzati sino a questo momento. In secondo luogo, la combinazione di Revlimid e desametasone si è dimostrata essere attiva, sia in termini di aumento della risposta che di significativo prolungamento della sopravvivenza globale. In terzo luogo, Revlimid ha un buon profilo di tollerabilità; in particolare è priva di alcuni importanti effetti collaterali legati ad alcune delle più comuni terapie disponibili sino ad ora, come ad esempio la tossicità neurologica. In ultimo, questa nuova opportunità di terapia migliora la qualità di vita dei pazienti in quanto l’assunzione orale, a domicilio, di Revlimid riduce il numero di accessi ospedalieri che sino ad oggi erano richiesti alla maggior parte dei pazienti».
La decisione della Commissione Europea per l’utilizzo di Revlimid nel trattamento del mieloma multiplo di nuova diagnosi si è basata sui risultati di due studi registrativi: MM-020 (noto anche come studio FIRST) e MM-015. La rimborsabilità in Italia di Revlimid nella nuova indicazione si è basata sullo studio di fase III MM-020 FIRST, multicentrico, in aperto e randomizzato, condotto su 1.623 pazienti con nuova diagnosi e non candidabili al trapianto di cellule staminali. 

sabato 5 novembre 2016

#Mieloma, la nuova frontiera del CARFILZOMIB, ora disponibile in Italia

Profondità di risposta al trattamento senza precedenti, prolungamento della sopravvivenza libera da progressione fino a oltre due anni e miglioramento della qualità di vita: sono i risultati ottenuti nel trattamento del mieloma multiplo da carfilzomib (Kyprolis), primo inibitore irreversibile del proteasoma di seconda generazione, sviluppato da Amgen, disponibile anche in Italia,in regime di rimborsabilità, in associazione a lenalidomide e a desametasone nel trattamento dei pazienti adulti con mieloma multiplo già sottoposti ad almeno una precedente terapia (Gazzetta Ufficiale n. 231 del 3 ottobre 2016). Carfilzomib apre nuove prospettive per i pazienti colpiti da questo tumore del sangue dall’impatto devastante grazie a un innovativo meccanismo d’azione: il farmaco si lega in modo irreversibile al proteasoma, struttura che gioca un ruolo importante nel funzionamento e nella crescita delle cellule in quanto scompone le proteine danneggiate o non più necessarie, causandone un’inibizione duratura e selettiva, con un’attività minima al di fuori del target.
Il mieloma multiplo è caratterizzato da un modello ricorrente di remissione e recidiva ed è forte l’esigenza di nuove terapie che forniscano risposte profonde e durature, in grado di prolungare la sopravvivenza dei pazienti senza progressione di malattia. Per questo motivo carfilzomib rappresenta un’importante novità per i pazienti. «Nello studio prospettico randomizzato di fase III ASPIRE, la combinazione carfilzomib-lenalidomide-desametasone è stata valutata comparativamente con lenalidomide-desametasone in pazienti con mieloma multiplo ricaduto dopo 1-3 precedenti linee di terapia – dichiara Michele Cavo, direttore dell’Istituto di Ematologia ‘Seràgnoli’ dell’Università di Bologna – i risultati hanno dimostrato il beneficio offerto dalla terapia con carfilzomib-lenalidomide-desametasone rispetto a lenalidomide-desametasone in termini di un prolungamento di circa 9 mesi della sopravvivenza mediana libera da progressione di malattia, arrivata a oltre 2 anni, e di un aumento di circa 3 volte della probabilità di ottenere una remissione completa: da 9,3% a 31,8%».

Carfilzomib, oltre ad ottenere risultati consistenti negli studi clinici, ha dimostrato di influire positivamente anche sulla qualità di vita dei pazienti trattati, con miglioramenti subito percettibili, ad esempio nel sollievo per il dolore osseo, e un buon profilo di tossicità. «Due studi pubblicati su Journal ClinicalOncology e Lancet Oncology hanno chiaramente dimostrato che carfilzomib è in grado di migliorare la qualità di vita dei pazienti rispetto ai pazienti trattati con la terapia convenzionale di controllo – sottolinea Mario Boccadoro, direttore di Clinica Ematologica I, Università di Torino – questa è la dimostrazione che l’efficacia di un farmaco, valutata dai medici in termini numerici di riduzione della massa tumorale, è percepita in modo positivo dai pazienti con un obiettivo miglioramento della loro qualità di vita». L’arrivo di carfilzomib in Italia è il risultato del forte impegno nella Ricerca & Sviluppo di Amgen, azienda dalla consolidata esperienza in oncologia, che ora affronta una nuova sfida in ematologia. «La nostra missione è essere al servizio dei pazienti affetti da patologie gravi, un compito che assolviamo principalmente attraverso la ricerca e lo sviluppo di terapie non solo efficaci, ma in grado anche di migliorare la qualità di vita– dichiara Francesco Di Marco, Amministratore Delegato di Amgen Italia – carfilzomib, oltre a migliorare la sopravvivenza delle persone con mieloma multiplo, presenta un buon profilo di tollerabilità, con un impatto contenuto in termini di effetti collaterali. L’Italia ha giocato un ruolo importante nel piano di sviluppo clinico del farmaco con 54 Centri sperimentatori coinvolti; inoltre quasi 200 pazienti hanno potuto beneficiare della terapia in uso compassionevole prima che si fosse concluso l’iter registrativo. Carfilzomib, tuttavia, non rappresenta un punto di arrivo: abbiamo attualmente in pipeline altre 3 promettenti molecole per il trattamento del mieloma multiplo. La ricerca non si ferma». 

domenica 30 ottobre 2016

L'EMA esamina un nuovo farmaco antitumorale di origine marina, APLIDIN


MADRID, 28 PharmaMar ha invito all'EMA (agenzia europea per i medicinali) la  richiesta per il farmaco antitumorale di origine marina, Aplidin®, in combinazione con il dexametasone, considerati i risultati positivi ottenuti dallo studio ADMYRE. La plitidepsina potrebbe essere un'alternativa terapeutica per pazienti che soffrono di recidiva e/o mieloma multiplo refrattario.
Dopo questa autorizzazione, l'EMA inizierà la valutazione di questo potenziale trattamento per un tipo di tumore ematico che rappresenta il 10% di tutti i turmori del sangue.
Il trial clinico ADMYRE è un trial randomizzato di Fase III, atto a valutare l'efficacia e la sicurezza di Aplidin® combinato con desametasone rispetto alla semplice somministrazione di desametasone a pazienti affetti da mieloma multiplo recidivante/refrattario dopo almeno tre, ma non oltre sei, regimi terapeutici precedenti. I risultati conseguiti dallo studio ADMYRE hanno mostrato una riduzione significativa dal punto di vista statistico (-35%) del rischio di progressione o di decesso rispetto al trattamento posto a confronto. Lo studio ha raggiunto il suo obiettivo primario.

martedì 27 settembre 2016

#MIELOMA, l'uso di STATINE potrebbe ridurre il rischio di mortalità


NEW YORK, 27 settembre - L'uso di statine potrebbe ridurre nei pazienti affetti da mieloma multiplo il rischio di mortalità dovuta a una qualsiasi causa e di mortalità legata specificamente al mieloma multiplo. A suggerirlo è uno studio osservazionale sui veterani statunitensi, appena pubblicato sul Journal of Clinical Oncology.

"Studi precedenti hanno suggerito che le statine possono avere un ruolo nel migliorare i risultati, in particolare la sopravvivenza, nei pazienti che hanno un tumore" ha detto in un’intervista la prima firmataria del lavoro, Kristen Marie Sanfilippo, della Washington University di Seattle.

"Le statine agiscono sulla via del mevalonato, la stessa su cui agiscono i bisfosfonati contenenti azoto e precedenti studi prospettici hanno evidenziato che i bisfosfonati contenenti azoto possono offrire un beneficio di sopravvivenza nei pazienti con mieloma multiplo".

Sulla base di queste evidenze, la Sanfilippo e i colleghi hanno ipotizzato che anche le statine possano essere associate a un miglioramento della sopravvivenza nei pazienti con mieloma multiplo. 

Per testare la loro ipotesi, i ricercatori hanno utilizzato il registro tumori dei veterani (il Veterans Administration Central Cancer Registry), nel quale hanno identificato un’ampia coorte di 4957 pazienti ai quali era stato diagnosticato un mieloma multiplo tra il 1999 e il 2013; di questi, 2294 prendevano le statine. L’assunzione di statine è stata definita nello studio come qualsiasi prescrizione di una statina entro i 3 mesi precedenti o in qualsiasi momento dopo la diagnosi di mieloma.

Il follow-up è stato di 34 mesi per il gruppo che prendeva le statine e 26 mesi per quello che non le utilizzava.

I ricercatori hanno potuto analizzare la mortalità legata specificamente al mieloma in 3284 pazienti, 1415 dei quali prendevano le statine. I pazienti che hanno segnalato l'uso di statine erano tendenzialmente più anziani, in percentuale superore bianchi, avevano un BMI più alto, in misura maggiore erano stati diagnosticati dopo il 2006 e avevano più probabilità di avere alterazioni dei livelli di albumina e di emoglobina al basale. Inoltre, gli utilizzatori delle statine avevano più probabilità di avere comorbidità mediche, come il diabete e la cardiopatia ischemica.

L’OS mediana è risultata di 39,5 mesi tra gli utilizzatori delle statine e 27 mesi tra coloro che non le utilizzavano. Dopo aver aggiustato i risultati per i fattori confondenti, l'uso delle statine è risultato associato in modo significativo a una riduzione del 21% del rischio di mortalità dovuta a una qualsiasi causa (HR 0,79; IC al 95% 0,73-0,86) e una riduzione del 24% del rischio di mortalità legata a mieloma multiplo (HR 0,76; IC al 95% 0,67-0,86).

"I farmaci mirati e il trapianto di cellule staminali restano il caposaldo della cura del mieloma multiplo" ha detto Sanfilippo. "Tuttavia, se le statine si dimostrassero efficaci anche in studi prospettici, offrirebbero uno strumento aggiuntivo per migliorare i risultati in una malattia per la quale non è ancora disponibile una terapia curativa".

I fattori associati a una sopravvivenza inferiore sono risultati l’età avanzata, un BMI inferiore a 18,5, un punteggio elevato dell'indice di comorbidità di Charlson, valori di emoglobina inferiori a 10 g/dl, una velocità di filtrazione glomerulare inferiore a 30 ml/min/1,73 m2, livelli di albumina inferiori a 3 g/dl e il trattamento con pamidronato.

L'uso di statine è sembrato anche ridurre il rischio di sviluppare di un evento scheletrico (HR aggiustato 0,69; IC al 95% 0,59-0,8).

Inoltre, l'associazione fra uso di statine e miglioramento della sopravvivenza è sembrata aumentare all’aumentare della durata della terapia con questi ipocolesterolemizzanti.

Tra i limiti dello studio vi sono il fatto che il consumo di statine potrebbe essere stato classificato in modo sbagliato a causa della mancata compliance del paziente e, nonostante l’aggiustamento per i possibili fattori di confondimento, la possibile presenza di differenze residue e non misurate tra chi prendeva le statine e chi no.

Servono ora ulteriori studi per indagare meglio su quest’associazione, dicono i ricercatori. "Andando avanti, sarà importante confermare i nostri risultati in uno studio prospettico. Inoltre, stiamo studiando il ruolo delle statine nella gammopatia monoclonale di significato incerto, che può nascondere la fase precoce di un mieloma multiplo” ha detto la Sanfilippo.

venerdì 8 luglio 2016

#MIELOMA, dieci nuovi farmaci approvati in un anno. E si continua


UN CAMBIO di paradigma è un fondamentale cambiamento dei concetti di base e della metodologia sperimentale di una disciplina scientifica. E’ questo un concetto applicabile oggi al mieloma multiplo, una malattia subdola e progressivamente emergente? E’ stato questo il filo conduttore del convegno internazionale “Multiple Myeloma 2016: Perspectives for a paradigm change”, organizzato presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro da Pierfrancesco Tassone Angelo Vacca dal 30 giugno fino 2 luglio.

“Il mieloma è una malattia complessa, nella quale le interazioni fra plasmacellule maligne e microambiente del midollo osseo svolgono un ruolo essenziale. Anche se questa complessità rappresenta un ostacolo importante per la cura della malattia, la ricerca più recente ha evidenziato un numero sempre crescente di nuovi bersagli molecolari per superare questi ostacoli”, ha affermato Angelo Vacca dell’Università di Bari.

E’ proprio su questi bersagli che la ricerca apre a importanti prospettive terapeutiche. “Oltre dieci nuovi farmaci sono stati approvati da enti regolatori internazionali, quali Fda o Ema e almeno la metà di questi solo nell’ultimo anno, portando alla necessità di una profonda revisione delle linee guida internazionali per il trattamento della malattia. Accanto a questi successi terapeutici che stanno divenendo progressivamente fruibili per i pazienti, nuovi farmaci e nuove strategie sono in corso di sviluppo. Il problema attuale è costruire un sistema sostenibile”, ha spiegato Pierfrancesco Tassonedell’Università di Catanzaro.

Il convegno non ha però esclusivamente fatto il punto sullo scenario attuale, ma ha presentato alla comunità scientifica risultati originali di sicuro impatto sulla ricerca e sulla terapia del mieloma nei prossimi anni. Gli elementi fondamentali dello scenario futuro sono stati ben delineati da Kenneth Anderson del Dana-Farber Cancer Institute/Harvard Medical School di Boston: “I punti di forza del tumore diventano anche punti di vulnerabilità dello stesso, veri e propri talloni d’Achille”. Ecco la chiave di lettura.

Instabilità genetica ed evoluzione clonale. Le cellule di mieloma non riparano adeguatamente il proprio DNA e risultano pertanto geneticamente instabili. Questa instabilità provoca a sua volta la selezione di cloni tumorali con maggiore capacità di adattamento, portando la malattia ad assumere caratteristiche sempre nuove. Questo fenomeno, definito “eterogeneità clonale”, rappresenta il principale ostacolo per terapie efficaci. “Non solo ciascun tumore è diverso dall’altro, ma all’interno dello stesso tumore sono presenti differenti popolazioni, ciascuna con specifiche aberrazioni geniche che ne determinano il fenotipo di malignità. Oggi abbiamo gli strumenti per identificare questi cloni e costruire strategie per colpirli in maniera selettiva”, ha sottolineato Leif Bergsagel della Mayo Clinic di Scottsdale.

Nuovi regolatori dell’espressione genica. Tecnologie d’avanguardia hanno permesso di identificare nuove modalità di regolazione dell'espressione genica tumore-specifica quali potenziali bersagli per nuove terapie sperimentali. Nuove tecniche di sequenziamento hanno permesso l’identificazione di regioni critiche nel Dna del tumore che svolgono funzioni chiave nello sviluppo dello stesso. La sperimentazione di farmaci innovativi in grado di interferire con tali regioni critiche appare estremamente promettente. “Gli inibitori di BET bromodomain sono tra questi farmaci”, ha spiegato Mariateresa Fulciniti del Dana-Farber Cancer Institute di Boston, “e abbiamo sviluppato un modello terapeutico di alta rilevanza per la sperimentazione clinica”. “Altri farmaci molecolari che modulano l’espressione dei geni sono gli inibitori di RNA non codificanti, quali ad esempio i microRNA”, ha continuato Pierfrancesco Tassone “siamo molto vicini alla sperimentazione clinica di questi nuovi agenti”.

Immuno-oncologia. La riscoperta del ruolo del sistema immunitario ha aperto nuove frontiere nel trattamento di questa malattia. “Dopo i brillanti risultati di terapie immunologiche aspecifiche ma di sicura attività clinica, è ora il momento di educare il sistema immunitario con strategie selettive come quelle basate sui vaccini o su cellule immunitarie geneticamente modificate”, ha affermato Martin Gramatzki dell’Università di Kiel.

“Non è possibile avere una sola chiave di lettura, oggi disponiamo di modalità di analisi diverse come la genomica, la proteomica, l’epigenomica. Ma disponiamo anche di metodiche innovative d’integrazione dei dati in silico fondate su tecnologie informatiche. Proprio su questo, il nostro gruppo ha presentato dati originali su di una nuova firma molecolare con forte valore prognostico” ha concluso Pierosandro Tagliaferri dell’Università di Catanzaro.

mercoledì 6 luglio 2016

#MIELOMA, il trapianto autologo rimane il trattamento di scelta in prima battuta. Meglio del bortezomid

BOLOGNA, 6 luglio - Nei pazienti giovani ai quali è stato da poco diagnosticato un mieloma multiplo, il trapianto autologo di cellule staminali dovrebbe rimanere il trattamento di scelta in prima battuta. A indicarlo sono i risultati ad interim dello studio EMN02/H095 MM, uno studio randomizzato di fase III presentato in occasione del recente congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), a Chicago.

"Il trapianto autologo è risultato associato a un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da progressione (PFS) se confrontato con il regime VMP, cioè la combinazione di bortezomib, melfalan e prednisone, nell’insieme della popolazione studiata", ha detto Michele Cavo, direttore dell’Istituto di Ematologia e Oncologia Medica L. A. Seragnoli all’Università degli Studi-Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna.

Cavo ha spiegato che nell’era dei nuovi farmaci il ruolo del trapianto autologo è stato messo in discussione. In precedenza, il ruolo del trapianti era stato accettato sulla base di studi clinici randomizzati che avevano confrontato il trapianto o il non trapianto con la chemioterapia convenzionale. Quegli studi, tuttavia, erano stati effettuati senza che bortezomib fosse incluso nella terapia di induzione prima del trapianto. Invece, ha proseguito il professore, l'utilizzo di una terapia a base di bortezomib è ora "il gold standard per tutti i pazienti affetti da mieloma mutiplo candidabili al trapianto".

Lo studio EMN02/H095 MM ha coinvolto 1266 pazienti con non più di 65 anni ai quali era stato da poco diagnosticato un mieloma multiplo. Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a 3-4 cicli della terapia di induzione con la combinazione bortezomib-ciclofosfamide-desametasone, seguita dal trattamento con la sola ciclofosfamide a un dosaggio compreso fra 2 e 4 g/m2, in aggiunta al G-CSF per mobilizzare le cellule staminali del sangue periferico. La soglia per la raccolta ottimale di cellule staminali è stata fissata in 2 x 106 di cellule CD34+.

Per la prima randomizzazione, i pazienti che hanno raggiunto il valore soglia delle cellule CD34+ sono stati trattati con melfalan ad alto dosaggio (200 mg/m2) e sono stati sottoposti a un trapianto autologo singolo o doppio (nei centri che seguono una politica di doppio intensificazione, i pazienti sono stati assegnati in modo casuale al trattamento con melfalan o con il regime VMP), oppure sono stati trattati con quattro cicli del regime VMP, che, ha spiegato Cavo, era lo standard di cura in Europa quando lo studio è stato progettato.

Per la seconda randomizzazione, i pazienti di entrambi i bracci sono stati sottoposti a una terapia di consolidamento con due cicli di bortezomib, lenalidomide e desametasone (regime VRD) oppure non sottoposti ad alcuna terapia di consolidamento. I pazienti di entrambi i bracci hanno poi fatto una terapia di mantenimento con lenalidomide 10 mg al giorno fino alla ricaduta o alla progressione della malattia.

La prima analisi ad interim prevista dal protocollo, è stata effettuata su 1192 pazienti nei primi mesi del 2016, dopo che era stato osservato il 33% degli eventi richiesti in termini di PFS (che era l’endpoint primario dello studio) dalla prima randomizzazione. Sono stati inclusi nell’analisi pazienti che non avevano più di 63 anni e con un follow-up mediano di 26 mesi.

La PFS a 36 mesi è risultata superiore tra i pazienti sottoposti al trapianto rispetto a quelli trattati con il regime VMP (HR 0,73; IC al 95% 0,59-0,90; P = 0,001). Tale vantaggio si è mantenuto nei sottogruppi di pazienti a basso e ad alto rischio. Il beneficio di PFS associato al trapianto nella popolazione complessiva si è mantenuto nell'analisi multivariata nei pazienti con citogenetica a rischio standard e un punteggio dell’Internazional Staging System pari a I e "la superiorità del trapianto rispetto al regime VMP è stata ulteriormente convalidata dal miglioramento significativo della percentuale di risposta parziale molto buona o ancora migliore" (84% contro74%; OR 1,90; IC 1,42-2,54; P < 0,0001).

Inoltre, l’analisi di regressione di Cox ha confermato che il trapianto è un fattore predittivo di prolungamento della PFS (HR 0,61, IC 0,45-0,82; P = 0,001).

I dati sulla sopravvivenza globale (OS) non sono ancora maturi e Cavo ha detto che per ora non si vede alcuna differenza fra i due gruppi di trattamento.

I risultati di questa analisi, ha concluso il professore, convalidano la conclusione che il trapianto autologo di cellule staminali upfront "continua ad essere il trattamento di riferimento per i pazienti ‘fit’ con mieloma multiplo di nuova diagnosi, anche nell'era degli agenti innovativi e anche nella confronto prospettico con un regime a dosaggio standard contenente bortezomib"

mercoledì 22 giugno 2016

CELLULE "armate" e "kamikaze" per combattere il #mieloma e altri tumori del sangue


COPENHAGEN, 22 giugno - Cellule 'armate' e 'kamikaze', programmate cioe' per combattere il cancro e poi suicidarsi una volta portato a termine il loro compito. E' questa la nuova potenziale 'arma' , attualmente a livello sperimentale, per la cura dei tumori del sangue. Le cellule in questione sono i linfociti del sistema immunitario e la nuova tecnica attraverso cui vengono 'ingegnerizzate' per svolgere la loro particolare missione è definita CAR-T. Ad evidenziarne il grande potenziale sono gli ematologi riuniti a Copenaghen per il recente Congresso dell'Associazione europea di ematologia (Eha). ''Si tratta di una strada dalle potenzialita' enormi - afferma il presidente della Societa' italiana di ematologia (Sei) Fabrizio Pane -. Studi recenti hanno infatti dimostrato che tale trattamento determina la remissione del tumore, ovvero la sua scomparsa, nel 60-70% dei pazienti con leucemia linfoblastica acuta allo stadio avanzato, ma ci sono evidenze di efficacia anche contro alcuni tipi di linfoma e mielomaI primi studi su tale tecnica - sottolinea - sono stati condotti dal Policlinico Federico II di Napoli insieme al Baylor College di Houston''. 
Va pero' detto, avverte l'esperto, che ''siamo ancora dinanzi ad un trattamento sperimentale, sia pure straordinariamente efficace, e comunque testato ancora su un numero ridotto di pazienti''. Altro problema e' poi rappresentato dai costi: ''Il trattamento può' arrivare a costare 3-400mila dollari al mese ed al momento - afferma Pane - solo 6 o 7 centri al mondo, in Europa ed America, sono in grado di effettuarlo, anche se presto pure alcuni centri italiani potrebbero iniziare ad utilizzare la tecnica CAR-T''. 
Ma come funziona in pratica questo nuovo approccio terapeutico? ''Si preleva innanzitutto il sangue del paziente. Quindi - spiega Pane - con tecniche di ingegneria genetica si fa in modo che i linfociti esprimano dei recettori che riconoscono le cellule tumorali, spingendo gli stessi linfociti ad attaccarle. I linfociti così manipolati vengono dunque ritrasfusi al paziente''. Al Congresso Eha nuovi studi hanno pero' illustrato avanzamenti della tecnica CAR-T in cui i linfociti, sottolinea il presidente degli ematologi, ''vengono ingegnerizzati per attaccare il tumore e poi 'spegnersi', ovvero suicidarsi, quando la malattia e' ormai eradicata''. Un grande passo avanti, insomma, che dimostra, rileva Pane, come ''si stia oggi allargando il numero di armi che abbiamo per combattere i tumori del sangue: oltre alla chemioterapia, abbiamo identificato numerosi bersagli cellulari e messo cosi' a punto farmaci biologici efficaci. C'e' poi il nuovo approccio dell'immunoterapia, e anche nuovi anticorpi monoclonali che hanno l'effetto di indurre le cellule tumorali ad autodistruggersi''. Il ''futuro - commenta - sta però nell'approccio integrato, cioè nell'utilizzo combinato delle diverse terapie''. Una modalità vincente, questa, conclude il presidente Sie, per arrivare a dare 'scacco matto' ai tumori del sangue, che ogni anno fanno registrare solo in Italia circa 24mila nuovi casi, pari al 15% di tutti i tipi di tumore.

STORIE DEL #MIELOMA Bibi, "la mia battaglia che dura da 15 anni"


"La mia lotta contro il mieloma è iniziata in un modo molto particolare: con un bigliettino affisso nella bacheca di un supermercato. Proprio così. Oggi ho 65 anni ma la mia battaglia è cominciata circa 15 anni fa: il medico mi ha diagnosticato questo tipo di tumore, di cui io sapevo molto poco, e mi è crollato il mondo addosso. La prima reazione è stata cercare di capirne di più. Mi sono documentata, anche per 'tradurre' le spiegazioni a volte troppo scientifiche che gli oncologi mi davano. Sono danese e vivo a Copenaghen e fino ad allora la mia vita era stata molto attiva. Poi, improvvisamente, è cambiato tutto. Stranamente, però, la cosa più difficile che ho dovuto gestire, almeno all'inizio, è stata la rabbia di mia figlia: aveva 20 anni e non accettava assolutamente la mia malattia. Ricordo quando volle parlare da sola col mio oncologo, al quale chiese se questo tumore mi avrebbe fatta morire. La risposta, che mia figlia mi riferì tra le lacrime, fu: ''Probabilmente sì''. Invece, per fortuna, non è andata così. Ho capito che dovevo lottare. Mi sono sottoposta alla chemioterapia e poi al trapianto autologo di cellule staminali. Per un lungo periodo la malattia è regredita. Poi, si è ripresentata.
A quel punto i medici hanno optato per un nuovo trapianto di staminali, e sono stata meglio. Ora, a distanza di anni, ci sono dei segni che probabilmente mi porteranno ad una ripresa dei trattamenti, ma io sono fiduciosa. Inaspettatamente ho tenuto a bada il tumore per tanto tempo e voglio continuare a combattere. Ma cosa c'entra, in questo doloroso percorso, il bigliettino al supermercato? C'entra eccome, e in un certo qual modo mi ha 'salvato', insieme e forse più dei farmaci. Quando all'inizio della malattia parlavo con i medici, la sensazione che più mi attanagliava era quella dell'immensa solitudine: gli oncologi mi spiegavano, ma quando uscivo dalla loro stanza nessuno aveva idea di cosa fosse un mieloma. Non potevo parlare della mia malattia perchè i miei parenti o i miei amici apparivano disarmati: leggevo sui loro volti la difficoltà nel cercare una risposta da darmi o anche una semplice frase di incoraggiamento. Il mistero di questa malattia 'sconosciuta' li spiazzava. E li ammutoliva. Allora ho pensato: 'Ma ci sarà qualcun altro che ha il mio stesso cancro. Devo trovarlo'. Ogni mattina andavo a fare la spesa in un supermercato e la prima cosa che mi è venuta in mente è stata: 'Metto un bigliettino nella bacheca dei messaggi. E' stata messa lì apposta'. ''Ho un mieloma, ho bisogno di parlare e confrontarmi. Se qualcuno ha la mia stessa malattia o conosce altri che ne siano affetti, per favore mi contatti. Bibi''.
Dopo qualche giorno, la sorpresa: due persone mi hanno telefonato. Ci siamo incontrati, abbiamo parlato. E' stato come ritrovarsi tra vecchi amici. Ci siamo sentiti vicini e, parlando e condividendo ciò che stavamo vivendo, ci siamo improvvisamente sentiti più forti. Da cosa nasce cosa. Il 'gruppo' si è allargato sempre di più. E allora abbiamo fatto un passo avanti: abbiamo fondato la Danish Multiple Myeloma Association, l'Associazione danese per il mieloma multiplo, di cui io sono coordinatrice. Ed abbiamo dato vita anche ad un Network dei pazienti. Durante gli anni, vari amici ci hanno lasciato. E' nel corso delle cose. Ma quello che ho capito è che, per un malato, la prima, fondamentale medicina è quella di non sentirsi solo, abbandonato, con medici e infermieri come unici interlocutori. Creare una 'rete' è ciò che abbiamo cercato di fare. Oggi, anche io mi sento più 'protetta' grazie al nostro Network. Se ve ne sarà bisogno, sono di nuovo pronta a lottare. E questa volta non partirò sola."
                                                                                              Bibi Moe

mercoledì 8 giugno 2016

DARATUMUMAB, killer del #mieloma:i numeri confortanti della sperimentazione


CHICAGO, 8 giugno - I dati di uno studio clinico di fase 3 MMY3004 (CASTOR) hanno dimostrato che il trattamento immunoterapico con daratumumab (DARZALEX®) in combinazione con una terapia standard, bortezomib (un inibitore del proteasoma [PI]) e desametasone (un corticosteroide), ha dimostrato una riduzione del 61% nel rischio di progressione o morte (sopravvivenza libera da progressione, PFS) rispetto ai soli bortezomib e desametasone nei pazienti affetti da mieloma multiplo sottoposti in media due linee terapiche precedenti (Hazard Ratio (HR)=0,39; CI 95% (0,28-0,53), p<0,0001).1
Secondo i risultati oggi annunciati da Janssen-Cilag International NV, daratumumab ha inoltre aumentato significativamente il tasso di risposta globale (ORR) [83% vs. 63%, p<0,0001]. Non è stata raggiunta la PFS nel braccio trattato con daratumumab rispetto alla PFS media di 7,16 mesi per I pazienti trattati con soli bortezomib e desametasone.1
Questi dati sono presentati in toto oggi  nel corso della “Plenary Session: Including the Science of Oncology Award and Lecture” alla conferenza annuale 2016 dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) di Chicago. Saranno inoltre inclusi nel programma di ASCO dedicato ai mezzi d’informazione. Questi risultati saranno illustrati nuovamente anche nel corso di una presentazione orale alla 21° Conferenza annuale della European Hematology Association (EHA) domenica 12 giugno alle 12:00 – 12:15 CEST +
“Abbiamo rilevato miglioramenti nella sopravvivenza libera da progressione e nei tassi di risposta globale con daratumumab in combinazione con le terapie standard”, ha dichiarato il Prof. Antonio Palumbo, Responsabile dell’Unità del mieloma multiplo del Dipartimento di oncologia, Divisione di Ematologia dell’Università degli Studi di Torino. “Questi interessanti risultati dello studio clinico di fase 3 dimostrano che un regime terapeutico basato su daratumumab migliora le risposte cliniche e aiuta a sottolineare il potenziale per i pazienti affetti da mieloma multiplo già trattati in precedenza”.
Oltre a rispondere all’endpoint primario di migliorare la PFS per un follow-up mediano a 7,4 mesi e ad aumentare significativamente il tasso di risposta globale rispetto ai soli bortezomib e desametasone, daratumumab ha presentato tassi doppi di risposta completa (CR) o superiori [19% vs. 9%, p=0,0012], inclusi tassi doppi di risposta parziale molto buona (VGPR) [59% vs. 29%, p<0,0001]. Non è stata ottenuta la PFS mediana, rispetto a una PFS di 7,16 mesi per i pazienti trattati con soli bortezomib e desametasone. I benefici del regime terapeutico con daratumumab in combinazione sono stati mantenuti in tutti i sottogruppi clinicamente rilevanti.1
“Janssen si impegna a ridefinire l’impatto dei tumori sui pazienti grazie a ricerche e soluzioni innovative. Siamo quindi estremamente incoraggiati dai notevoli risultati interinali di questo studio, che offrono un’importante analisi sugli effetti di daratumumab in combinazione con regimi terapeutici già affermati e illustrano le possibilità di questa immunoterapia nelle prime linee di trattamenti”, ha dichiarato Jane Griffiths, presidente del gruppo di aziende Janssen per l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa. “Siamo impegnati a esplorare il valore completo del trattamento con daratumumab per i pazienti affetti da mieloma multiplo e a guardare in avanti, alla differenza che possiamo fare con dati di questo tipo”.
% Complessivamente, il profilo di sicurezza della terapia a base di daratumumab in combinazione era in linea con il profilo noto di sicurezza di daratumumab monoterapico (D) e di bortezomib in combinazione con desametasone (Vd), rispettivamente. Gli eventi avversi (EA) più comuni (>25%) [DVd/Vd] sono stati trombocitopenia (59%/44%), neuropatia sensoriale periferica (47%/38%), diarrea (32%/22%) e anemia (26%/31%). Gli eventi avversi di grado 3 o 4 più comuni (>10%) sono stati trombocitopenia (45%/33%), anemia (14%/16%) e neutropenia (13%/4%). Le infezioni/infestazioni di grado 3/4 hanno rappresentato il 21% nel gruppo DVd il 19% nel gruppo Vd. L’evento avverso emergente da trattamento, o TEAE, più comune (≥5%) di tipo infezioni/infestazioni di grado 3/4 è stato la polmonite (8%/10%). Il numero di pazienti con eventi emorragici di grado 3 o 4 (3 pazienti nel gruppo DVd, 2 pazienti nel gruppo Vd) è stato ridotto in entrambi i gruppi di trattamento. Pochi pazienti (7%/9%) hanno interrotto la terapia a causa di un TEAE.1
Informazioni sullo studio clinico MMY3004 (CASTOR)
Lo studio clinico di fase 3, multinazionale, in aperto, randomizzato, multicentrico, con controllo attivo MMY3004 ha riguardato 498 pazienti affetti da mieloma multiplo che hanno ricevuto in media due linee terapiche precedenti. Il 66% di pazienti aveva ricevuto un trattamento precedente a base di bortezomib, il 76% ha ricevuto un trattamento precedente a base di un agente immunomodulante, mentre il 48% aveva ricevuto un trattamento precedente a base di un PI e di un agente immunomodulante. Il 33% dei pazienti era risultato refrattario a un agente immunomodulante, mentre il 32% era risultato refrattario all’ultima linea terapica precedente. I pazienti sono stati randomizzati per ricevere daratumumab combinato con bortezomib e desametasone sottocutanei (n=251) oppure solo bortezomib e desametasone (n=247). I partecipanti sono stati trattati con daratumumab fino alla progressione della malattia, a un livello inaccettabile di tossicità o per altre ragioni che hanno portato all’interruzione dello studio clinico.
Il giorno 30 marzo 2016, dopo il raggiungimento dell’endpoint primario del miglioramento della PFS in un’analisi interinale programmata (HR = 0,39, p<0,0001), MMY3004 (CASTOR) è diventato uno studio clinico in aperto. In base alle raccomandazioni di un comitato indipendente per il monitoraggio dei dati (IDMC), ai pazienti nel braccio sottoposto a trattamento standard è stata offerta la possibilità di ricevere daratumumab a seguito della conferma della progressione della malattia.
Janssen avvierà le discussioni con le autorità di regolamentazione sul potenziale di una richiesta di autorizzazione in base ai risultati di questo studio. È in fase di preparazione una relazione completa sullo studio clinico che sarà presentata alle autorità sanitarie globali.
Ulteriori dati sul trattamento in combinazione
Anche lo studio clinico di fase 3 MMY3003 (POLLUX), che ha confrontato daratumumab in combinazione con lenalidomide e desametasone rispetto ai soli lenalidomide e desametasone nei pazienti affetti da mieloma multiplo che avevano ricevuto almeno una linea terapica precedente, è diventato uno studio in aperto nel mese di maggio 2016. In base ai risultati dell’analisi interinale programmata condotta da un comitato indipendente per il monitoraggio dei dati, lo studio ha centrato l’endpoint primario del miglioramento della PFS. I dati dello studio clinico POLLUX saranno presentati al Presidential Symposium dell’EHA venerdì 10 giugno 2016 alle ore 16:47 CEST (abstract n. LB2238).
Informazioni su daratumumab
Daratumumab è un biologico innovativo mirato alla CD38, una proteina di superficie con espressione elevata in diverse cellule di mieloma, indipendentemente dalla fase della malattia . Daratumumab provoca la rapida morte delle cellule tramite apoptosi (morte cellulare programmata)7,8 e meccanismi d'azione immunomediati, inclusa la citotossicità complemento-dipendente (CDC), la citotossicità cellulare anticorpo-dipendente (ADCC) e la fagocitosi cellulare anticorpo-dipendente (ADCP). Daratumumab ha dimostrato inoltre effetti immunomodulanti che contribuiscono alla morte cellulare del tumore grazie all'aumento delle cellule immunosoppressive come le cellule T-reg, B-reg e le cellule soppressive di derivazione mieloide. Attualmente sono in corso cinque studi clinici di fase 3 con daratumumab in pazienti con recidiva e di prima linea. Sono in fase di programmazione o di svolgimento anche studi addizionali per valutare il potenziale di daratumumab in altri tumori maligni e pre-maligni con espressione della CD38. Per ulteriori informazioni, si prega di visitare il sito www.clinicaltrials.gov.
Nel mese di maggio 2016, daratumumab è stato approvato dalla Commissione europea (CE) come monoterapia per pazienti adulti affetti da mieloma multiplo (MM) recidivato e refrattario, precedentemente sottoposti a una terapia basata su un inibitore del proteasoma (IP) e su un agente immunomodulante con dimostrata progressione della malattia rispetto all'ultimo trattamento somministrato. Daratumumab è stato approvato con una valutazione accelerata, un processo riservato ai medicinali che si ritiene possano essere di interesse sanitario pubblico, in particolare dal punto di vista dell’innovazione terapeutica. Nel mese di agosto 2012 Janssen Biotech, Inc. e Genmab A/S hanno concluso un accordo mondiale che garantisce a Janssen i diritti di licenza esclusiva per lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di daratumumab.

giovedì 2 giugno 2016

Si studia in GERMANIA un vaccino terapeutico universale efficace per tutti i tumori


MAINZ (Germania) - Può essere definito il Santo Graal dell’oncologia: un vaccino terapeutico “universale” efficace contro tutti i tipi di cancro. E’ quello a cui sta lavorando un gruppo di ricercatori dell’Università Johannes Gutenberg a Mainz (Germania), il quale ha ideato una strategia davvero molto promettente, descritta in un articolo pubblicato sulla rivista Nature. I ricercatori tedeschi hanno creato un vaccino in grado di indurre una forte risposta del sistema immunitario al cancro, utilizzando “proiettili” rivestiti da grassi (liposomi) e “infarciti” da nanoparticelle di Rna.  I liposomi, simili a vescicole di grasso, fungono da “veicoli” per raggiungere il bersaglio e proteggono le nanoparticelle nel loro passaggio all’interno dell’organismo. Il bersaglio di questi proiettili non sono però le cellule tumorali, ma quelle del sistema immunitario e in particolare le cellule dentritiche, che, insieme ai macrofagi, sono dei veri e propri “spazzini” del nostro organismo. Il problema è che questi “spazzini”, normalmente non vedono il tumore e lo lasciano così proliferare. Ora, i ricercatori tedeschi, grazie a questi proiettili di Rna, sono riusciti a produrre antigeni specifici che spingono le cellule del sistema immunitario a colpire quelle tumorali fin dalla loro prima apparizione. In un certo senso è come se, attraverso l’introduzione del Rna nelle cellule immunitarie, i ricercatori avessero “hackerato” il loro sistema di riconoscimento e lo avessero modificato.  

BUONI I PRIMI TEST SU ANIMALI E 3 PAZIENTI CON MELANOMA  
Il vaccino è stato testato con successo sui topi e su tre pazienti affetti da melanoma in stadio avanzato. Già a basse dosi, si è mostrato capace di attivare una risposta immunitaria efficace contro il tumore. Tuttavia, questo approccio potrebbe essere efficace anche per molti altri tipi di tumori. “Dipende dal tipo di Rna che viene caricato nelle vescicole di grasso”, precisa Michele Maio, direttore UOC dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese e ricercatore dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc). 

CI SONO TANTI APPROCCI DIVERSI ALL’IMMUNONCOLOGIA  
Il vaccino sviluppato dai ricercatori tedeschi è solo uno dei tanti approcci immunoterapici ideati negli ultimi decenni. “Ci sono agenti terapeutici già in uso in clinica che si sono dimostrati in grado di migliorare la sopravvivenza a lungo termine dei pazienti affetti da alcuni tipi di tumore”, spiega Maio. “Farmaci immunoterapici - continua – vengono già utilizzati contro il melanoma cutaneo, alcuni tipi di tumore del polmone, il carcinoma renale, i tumori testa-collo e così via”. E molti altri sono in via di sviluppo, così come sono allo studio nuove combinazioni di farmaci potenzialmente promettenti. In particolare, Maio e il suo gruppo di ricercatori hanno avviato uno studio di immunoncologia, il primo al mondo di questo tipo, che combina due farmaci mai associati fra loro contro il melanoma cutaneo: l’ipilimumab, già utilizzato con buoni risultati contro questa forma di cancro alla pelle, e SGI-110, un farmaco epigenetico che modifica il Dna delle cellule. Grazie al sostegno di Airc, i ricercatori stanno studiando la possibilità di aumentare l’efficacia del farmaco immunoterapico con la capacità del farmaco epigenetico di indurre le cellule tumorali a esprimere sulla loro superficie molecole che le rendano più sensibili al riconoscimento del sistema immunitario, che può così distruggerle. “Il campo dell’immunoncologia è molto fertile, ma ci vorrà ancora del tempo prima di beneficiare di tutti i suoi frutti”, conclude Maio. 

venerdì 27 maggio 2016

#MIELOMA: OK europeo all'uso di KYPROLIS in combinazione con SOLO desametasone


THOUSAND OAKS, CALIFORNIA, 27 maggio - Amgen (ha annunciato oggi che il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell'Agenzia europea per i medicinali ha adottato un parere positivo per estendere l'indicazione corrente per Kyprolis® (carfilzomib) per includere il trattamento in combinazione con il solo desametasone per i pazienti adulti affetti da mieloma multiplo che hanno ricevuto almeno una precedente terapia.
"Nel primo studio di fase 3, Kyprolis in associazione con desametasone ha quasi raddoppiato la sopravvivenza libera da progressione rispetto a uno standard corrente di regime di cura", ha detto Sean E. Harper, MD, vice presidente esecutivo di ricerca e sviluppo a Amgen. "Siamo lieti che il CHMP ha riconosciuto questi dati con un parere positivo, e non vediamo l'ora di garantire l'approvazione di questa indicazione estesa di Kyprolis."
Il parere positivo del CHMP si basa sui dati dello studio ENDEAVOR di fase 3 in cui i pazienti affetti da mieloma multiplo trattati con Kyprolis più desametasone hanno raggiunto la sopravvivenza libera da progressione superiore (PFS) di 18,7 mesi rispetto a 9,4 mesi in quelli trattati con Velcade ® (bortezomib) più desametasone, (HR = 0.53; 95 per cento CI: 0.44,0.65 p <0,0001)Le reazioni avverse più comuni che si sono verificati in più del 20 per cento dei pazienti erano anemia, affaticamento, diarrea, trombocitopenia, nausea, piressia, dispnea, infezioni delle vie respiratorie, tosse ed edema periferico.
Il parere positivo del CHMP sarà ora riesaminata dalla Commissione Europea (CE) e se concessa, l'autorizzazione alla commercializzazione sarà estesa per includere Kyprolis in combinazione con desametasone nei 28 paesi membri dell'Unione europea, nonché l'Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia. L'indicazione estesa adottato dal CHMP è: Kyprolis in combinazione con lenalidomide e desametasone o desametasone da solo è indicato per il trattamento di pazienti adulti affetti da mieloma multiplo che hanno ricevuto almeno una precedente terapia.
La autorizzazione della CE all'immissione in commercio precedentemente concessa per Kyprolis in combinazione con lenalidomide e desametasone per il trattamento di pazienti adulti affetti da mieloma multiplo che hanno ricevuto almeno una precedente terapia sulla base dei risultati dello studio ASPIRE nel novembre 2015. Il parere positivo di oggi segue la US Food e l'approvazione del Drug Administration e sibasa sui risultati ENDEAVOR gennaio 2016.
A proposito di Kyprolis® (carfilzomib)
I proteasomi svolgono un ruolo importante nella funzione delle cellule e la crescita, abbattendo le proteine ​​che sono danneggiati o non più necessarie. KKyprolis può causare la morte delle cellule, in particolare nelle cellule di mieloma perché sono più probabilmente contenere una maggiore quantità di proteine ​​anomale. 
Kyprolis è stato approvato negli Stati Uniti con le seguenti modalità:
  • In combinazione con desametasone o con lenalidomide più desametasone per il trattamento di pazienti con recidiva o refrattaria che hanno ricevuto da una a tre linee di terapia.
  • Come agente singolo per il trattamento di pazienti con recidiva o refrattaria  che hanno ricevuto una o più linee di terapia.
Kyprolis è approvato anche in Argentina, Israele, Kuwait, Messico, Thailandia, Colombia, Corea, Canada, Svizzera, Russia e l'Unione europea. Applicazioni normative aggiuntive per Kyprolis sono in corso e sono state presentate alle autorità sanitarie di tutto il mondo.
Per ulteriori informazioni, si prega di visitare il sito www.kyprolis.com.

giovedì 26 maggio 2016

#MIELOMA, la commissione europea ha approvato il DARATUMUMAB (Darzalex)


BEERSE (Belgio), 26 maggio - Janssen-Cilag International NV (“Janssen”) ha annunciato in data odierna che la Commissione europea (CE) ha concesso l’approvazione condizionata di DARZALEX® (daratumumab) come monoterapia per pazienti adulti affetti da mieloma multiplo (MM) recidivato e refrattario, precedentemente sottoposti a una terapia basata su un inibitore del proteasoma (IP) e su un agente immunomodulante con dimostrata progressione della malattia rispetto all'ultimo trattamento somministrato. Daratumumab era stato approvato con una valutazione accelerata, un processo riservato ai medicinali che si ritiene possano essere di interesse sanitario pubblico, in particolare dal punto di vista dell’innovazione terapeutica.
Daratumumab è il primo anticorpo monoclonale (mAb) mirato alla proteina CD38 approvato in Europa. Agisce legandosi alla proteina CD38, una molecola di segnalazione con espressione elevata sulla superficie di diverse cellule del mieloma indipendentemente dalla fase della malattia. In questo modo daratumumab attiva il sistema immunitario del paziente per attaccare le cellule cancerogene, con la conseguente morte rapida delle cellule tumorali tramite diversi meccanismi d'azione immunomediati e tramite effetti immunomodulanti, oltre a provocare la morte diretta delle cellule tumorali tramite apoptosi (morte cellulare programmata).5-9
“Nonostante i recenti progressi, il mieloma multiplo rimane una malattia complessa e incurabile, laddove la recidiva è inevitabile per la maggior parte dei pazienti. Con ogni recidiva, la malattia diventa normalmente più aggressiva e più difficile da trattare”, ha commentato il Prof. Jesús San Miguel, direttore del Dipartimento di Medicina Clinica e Traslazionale, Università di Navarra (Spagna). “Daratumumab ha dimostrato un’efficacia promettente e un profilo di sicurezza gestibile come monoterapia per pazienti affetti da mieloma refrattario fortemente pre-trattati. La sopravvivenza complessiva è migliorata in maniera significativa in questi pazienti, la cui prognosi è normalmente sfavorevole e che quindi hanno maggior bisogno di nuovi trattamenti”.
L'approvazione di daratumumab si è basata sulla valutazione dei dati dello studio di fase 2 MMY2002 (SIRIUS) pubblicato nella rivista The Lancet; sullo studio clinico di fase 1/2 GEN501, pubblicato nella rivista The New England Journal of Medicine e sui dati di tre studi aggiuntivi. I risultati di un'analisi di efficacia combinata degli studi clinici GEN501 e MMY2002 (SIRIUS) hanno dimostrato che, dopo un follow-up medio di 14,8 mesi, la sopravvivenza globale mediana (OS) stimata, in pazienti già fortemente pre-trattati a cui era stato somministrato daratumumab in monoterapia (16 mg/kg), era di 20 mesi (CI 95 per cento, 15-non stimabili). Il tasso di risposta globale (ORR) per l'analisi combinata è stato del 31 per cento, con stabilizzazione o miglioramento della malattia per l'83 per cento dei pazienti. Daratumumab ha dimostrato un profilo di sicurezza tollerabile e clinicamente gestibile come monoterapia in pazienti fortemente pre-trattati.1 Gli eventi avversi (AE) più comuni della fase 2 dello studio clinico MMY2002 (SIRIUS), riscontrati in oltre il 20 per cento dei pazienti, sono stati affaticamento, anemia, nausea, trombocitopenia, mal di schiena, neutropenia e tosse.10 Gli eventi avversi più comuni nella seconda parte della fase 1/2 dello studio clinico GEN501 sono stati affaticamento, rinite allergica e piressia (febbre).
“La decisione odierna relativa a daratumumab rappresenta una notizia straordinaria per i pazienti poiché contribuisce a rispondere alle esigenze finora insoddisfatte di pazienti affetti da mieloma recidivato o refrattario”, ha commentato Sarper Diler, MD, PhD, presidente di Myeloma Patients Europe. “Tuttavia c’è ancora molto lavoro da fare per assicurare la disponibilità di daratumumab ai pazienti di tutta Europa tramite i diversi sistemi sanitari”.
“L’approvazione di daratumumab con un processo accelerato è il risultato di un lavoro spinto dall’urgenza stessa dei nostri pazienti, rispondendo a esigenze finora insoddisfatte con scienze trasformative e collaborazioni solide”, ha commentato Jane Griffiths, presidente del Gruppo, Janssen Europa, Medio Oriente e Africa. “Siamo felicissimi che daratumumab sia stato approvato in Europa e continueremo a studiarne il potenziale nel trattamento di altri tipi di tumore”.
L’autorizzazione al commercio di daratumumab fa seguito a un parere positivo del Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA) emesso il 1°aprile 2016. Tale autorizzazione permette la commercializzazione di daratumumab in tutti i 28 Stati membri e nei tre paesi dell’Area economica europea.
Janssen dispone dei diritti esclusivi a livello mondiale per lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di daratumumab. Janssen ha ottenuto i diritti di licenza su daratumumab da Genmab A/S nel mese di agosto del 2012.