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lunedì 21 dicembre 2015

La nuova TAC che evita la coronarografia


Inserire un catetere nell’arteria femorale, risalire fino al cuore. Qui, iniettare un mezzo di contrasto e poi osservare le coronarie ai raggi X per capire se ci siano restringimenti che rischiano di portare a un infarto o se il sangue circoli ancora bene. È la procedura per la coronarografia, un’esame eseguito dai cardiologi interventisti su moltissime persone per le quali si teme una malattia coronarica: stando agli ultimi dati della Società Italiana di Cardiologia Invasiva, in un anno in tutta Italia se ne effettuano oltre 275mila. Pur essendo un test di routine, i pazienti ne farebbero volentieri a meno perché si tratta pur sempre di un esame invasivo
Tuttavia, in alcuni casi oggi è possibile evitare la coronarografia grazie a una Tac speciale, la Ffr-Ct. In Europa viene usata da 11 ospedali di Germania, Belgio, Francia e Regno Unito, nel nostro Paese presso il Centro Cardiologico Monzino di Milano, che ha coordinato lo studio scientifico “Platform” per valutarne il rapporto costo-beneficio rispetto alle analisi già usate. 

Le tac di ultima generazione
Stando ai dati, pubblicati di recente sull’ European Heart Journal , «Grazie alla maggiore definizione spaziale delle nuove Tac la capacità di individuare stenosi delle coronarie (un restringimento che può preludere all’infarto, ndr ) è molto aumentata, senza esporre il paziente a una dose superiore di raggi rispetto alla Tac tradizionale - spiega Gianluca Pontone, responsabile dell’Unità di Risonanza Magnetica al Monzino e coordinatore dell’indagine Platform -. Soprattutto, con le Tac di ultima generazione oggi si può misurare un parametro, la Fractional Flow Reserve o Ffr, che stabilisce il significato funzionale dei restringimenti e quindi indica quali comportano un reale rischio di occlusione e necessitano di intervento ». «La Tac coronarica standard ha una sensibilità del 94% nel riconoscere la presenza di placche aterosclerotiche nelle coronarie ma la specificità, cioé la capacità di individuare quelle che realmente ostacolano il flusso sanguigno, è del 48%: non molto diversa, quindi, da quella di altri esami usati per decidere l’opportunità di sottoporre i pazienti a una coronarografia, come test da sforzo, ecocardiografia da sforzo o scintigrafia miocardica, tutti fra 45 e 48 % - interviene Antonio Bartorelli, responsabile della Cardiologia interventistica al Monzino -. Con la Tac, quindi, spesso vengono avviati alla procedura invasiva anche pazienti con lesioni minime che non darebbero fastidio, con costi elevati e aumento dell’esposizione a radiazioni. La Ffr-Tac ci aiuta a capire se a valle della placca che vediamo c’è una caduta del flusso indicativa di un problema funzionale, grazie a un software che con simulazioni virtuali valuta la Ffr». 

L’importanza di altri test cardiologici
Con un test solo si studiano quindi anatomia dei vasi e gravità dei restringimenti. Utile soprattutto nei casi in cui il dato della Tac è incerto, stando ai risultati dello studio Platform, può far risparmiare fino al 60% delle coronarografie che verrebbero raccomandate sottoponendosi a una Tac standard. «L’obiettivo è portare in emodinamica solo chi davvero deve andarci, inoltre la Tac offre una visione anatomica ottimale: quando i pazienti arrivano dopo questo test noi cardiologi sappiamo esattamente che cosa ci troveremo davanti», specifica Bartorelli. 
Un corollario non è meno importante: se basta la Tac a fugare i dubbi e decidere chi ha davvero bisogno della coronarografia l’esposizione alle radiazioni diminuisce e magari si potrebbe ridurre anche il ricorso alla scintigrafia, un esame ottimo per valutare la funzionalità cardiaca ma in cui il mezzo di contrasto radioattivo si diffonde ovunque. «Bisogna sottolineare, però, che la dose di raggi dipende sempre da come e da chi viene eseguito l’esame - osserva Paola Enrica Colombo, coordinatrice del Gruppo di Lavoro TC multistrato dell’Associazione Italiana Fisica Medica -. Con la Tac cardiologica, l’esposizione può andare da 1 a 25 milliSievert (l’unità di misura delle radiazioni, ndr ), a seconda dello strumento e del protocollo usato; lo stesso accade con la coronarografia, dove la bravura del medico conta non poco per individuare velocemente il problema e ridurre così l’esposizione. A parità di tecnologie, se si utilizzano protocolli adeguati messi a punto in collaborazione con i fisici medici la dose può essere anche dimezzata: perciò, quando ci si sottopone a questo genere di esami, è sempre opportuno scegliere centri specialistici con esperienza. Senza contare che non dobbiamo mandare in soffitta gli altri test cardiologici: abbiamo molti metodi che danno informazioni diverse, l’importante è scegliere l’approccio giusto in ogni situazione. A volte, certo, possono bastare i test da sforzo o può essere utile una risonanza, esame a rischio zero per le radiazioni, ottimo per valutare la funzionalità cardiaca che tuttavia, oltre a essere costoso e richiedere molto tempo, non dà indicazioni morfologiche; non bisogna però avere la fobia da radiazioni, perché Tac cardiologica e coronarografie servono in situazioni complesse, in cui scoprire se c’è o meno un restringimento coronarico pericoloso può fare la differenza fra un infarto e un’angioplastica con cui si risolve tutto - sottolinea Colombo -. L’essenziale, quindi, è valutare di caso in caso il rapporto costo-beneficio dei raggi, anche se certamente il futuro va verso la riduzione del numero di esami e di radiazioni necessarie ad avere tutte le informazioni utili per decidere: in questo senso, i software che danno indicazioni funzionali a partire da una tecnologia statica come la Tac sono innovativi e promettenti». 

lunedì 14 dicembre 2015

Terapia con linfociti T eradica il #mieloma di un paziente

ORLANDO (Florida) - Un’immunoterapia cellulare con linfociti T geneticamente modificati in modo da esprimere un recettore chimerico (CAR) capace di riconoscere antigeni tumorali (CAR t-cells) ha portato all’eradicazione della malattia in un paziente affetto da mieloma multiplo in stadio avanzato, il che suggerisce la possibilità di guarire in via definitiva questa condizione. 

È la prima volta che succede. L’eccezionale risultato è stato ottenuto in uno studio eseguito da ricercatori del National Cancer Institute (NCI), senza dubbio tra i più interessanti presentati al congresso dell’American Society of Hematology (ASH), in corso a Orlando, in Florida.

Il trattamento con questi linfociti T, modificati in modo da esprimere un CAR diretto contro l’antigene di maturazione delle cellule B (BCMA), ha mostrato comunque una forte attività clinica anche negli altri pazienti studiati, che erano tutti soggetti altamente pretrattati.

Il paziente che sembra guarito aveva inizialmente una percentuale di cellule mielomatose nel midollo osseo superiore al 90%, percentuale che si è ridotta allo 0% un mese dopo l’infusione delle cellule T esprimenti un CAR anti- BCMA, ha riferito l’autore principale dello studio, James N. Kochenderfer, del NCI’s Center for Cancer Research.

Anche se la ricerca è ancora nelle sue fasi iniziali, ha avvertito il ricercatore, i risultati mostrano le potenzialità di questa terapia per i pazienti colpiti da mieloma multiplo.

"È la prima volta che un’immunoterapia con cellule T esprimenti un CAR, riesce a eradicare completamente o a ridurre in modo sostanziale un mieloma multiplo misurabile" ha affermato Kochenderfer.

"Abbiamo visitato il paziente proprio questa settimana ed è ancora in remissione completa stringente, che perdura da 14 settimane" ha riferito il ricercatore.

Il razionale per l'utilizzo del BCMA come antigene bersaglio delle CAR T-cells utilizzate per il mieloma multiplo deriva dal fatto che è un membro della superfamiglia del TNF espresso in molti casi di mieloma multiplo, dal 60% al 70%, ha spiegato l’autore.

Studi con PCR quantitativa hanno dimostrato che il BCMA è espresso solo nel midollo osseo, negli organi linfoidi e nei tessuti noti per avere plasmacellule nella lamina propria. Studi di immunoistochimica hanno, inoltre, dimostrato che questo antigene è espresso solo dalle plasmacellule e da una piccola frazione di cellule B.

Lo studio di Kochenderfer e i colleghi ha coinvolto in totale 11 persone affette da mieloma multiplo avanzato, che avevano già fatto una mediana di sette terapie.

I partecipanti sono stati sottoposti a una chemioterapia con ciclofosfamide (300 mg/m2) e fludarabina (30 mg/m2) per 3 giorni, seguita da una singola infusione di CAR-T cells, con quattro diversi dosaggi (0,3 x 106, 1x106, 3x106 o 9x106/kg di peso corporeo). 

Sei pazienti sono stati trattati con i due dosaggi più bassi. Uno di essi ha mostrato una remissione parziale transitoria, durata 2 settimane. Gli altri cinque pazienti hanno raggiunto una stabilizzazione della malattia.

Nei tre pazienti trattati con il dosaggio pari a 3x106 CAR T-cells/kg, due hanno raggiunto una stabilizzazione della malattia, mentre l’altro paziente ha ottenuto una buona remissione parziale, con la completa eliminazione della malattia a livello osseo confermata dalla PET, la normalizzazione delle catene leggere libere nel siero e la cleareance delle plasmacellule dal midollo osseo.

Le tossicità associate a questi dosaggi sembrano essere state lievi e sono state rappresentate da citopenia, febbre e sindrome da rilascio di citochine, con tachicardia e ipotensione.

Gli altri due pazienti sono stati trattati col dosaggio più elevato. Uno dei due è quello che ha ottenuto l’eradicazione della malattia, mentre l’altro ha mostrato una risposta parziale.

In generale, le tossicità sono apparse simili a quelle osservate nei pazienti leucemici trattati con CART T-cells anti-CD19.

Lo studio del NCI arriva in un momento di rapida espansione delle opzioni terapeutiche per i pazienti affetti da mieloma multiplo. Solo nelle ultime 3 settimane l’Fda ha dato il suo ok a ben tre nuovi agenti: elotuzumab e daratumumab, i primi anticorpi monoclonali approvati per questa neoplasia, e  ixazomib, il primo inibitore del proteasoma orale.

In conferenza stampa, Kochenderfer ha ricordato che al momento non esiste una cura definitiva per il mieloma e che c’è ancora la necessità di terapie capaci di tradursi in remissioni durature. 

"Il mio obiettivo, nell’utilizzare le CAR T cells per il mieloma, è quello di avere qualcosa in grado di portare a remissioni complete stringenti che durino nel tempo" ha detto il ricercatore, sottolineando, però, che nel prossimo futuro quest’immunoterapia cellulare non sarà una terapia di prima linea. Inoltre, ha aggiunto, si spera che questa terapia possa rilevarsi più efficace degli anticorpi monoclonali. 

Kochenderfer ha poi detto che il suo obiettivo è anche quello di cercare di ridurre la tossicità dell’immunoterapia con CAR T cells senza comprometterne l’efficacia.

Il paziente che ha avuto la risposta migliore alla terapia è anche quello che ha manifestato il maggior numero di tossicità. Inizialmente ha avuto una sindrome da rilascio di citochine grave a seguito dell’infusione della terapia e ha avuto bisogno di trasfusioni di piastrine per 9 settimane prima di raggiungere la remissione completa stringente tuttora in corso.

Le tossicità che hanno preceduto la risposta completa stringente comprendevano febbre, tachicardia, ipotensione, aumento degli enzimi epatici e aumento della creatinina chinasi. Ognuno di questi sintomi/segni si è risolto nel giro di 2 settimane. Al momento dell’infusione, il paziente aveva una conta assoluta dei neutrofili inferiore a 500 microlitri, che è rimasta intorno a quei valori per 40 giorni dopo l'infusione.

Nonostante queste tossicità, la risposta alla terapia è stata rapida e drammatica. Prima del trattamento il paziente aveva livelli molto elevati di IgA (> 3000 mg/dl ); nel giro di pochi giorni dopo l'infusione, il livello è sceso di oltre il 30% e ha raggiunto valori non rilevabili entro il giorno 20.

I test di immunofissazione nel siero e nelle urine sono rimasti negativi e la valutazione del mieloma con citometria a flusso è diventata negativa ed è rimasta tale 3 mesi dopo il trattamento.

Inoltre, ha riferito Kochenderfer, l’analisi del midollo osseo prima e dopo il trattamento ha mostrato la scomparsa delle cellule CD138-positive dopo infusione delle CAR T-cells anti-BCMA.

"Dopo il trattamento, le plasmacellule CD138-positive erano completamente assenti. Credo che questo sia il dato più importante del nostro studio. In questo paziente abbiamo eradicato completamente le plasmacellule maligne, che continuano ad essere assenti 14 settimane dopo il trattamento" ha detto il ricercatore.

A chi gli chiedeva da cosa dipenda questo risultato, Kochenderfer ha detto che non lo si sa ancora e che i ricercatori stanno lavorando per cercare di rispondere a questa domanda. 
Nei prossimi 2 mesi, ha anticipato l’autore, partirà un nuovo studio multicentrico sull’immunoterapia con CAR T-cells anti-BCMA nei pazienti con mieloma multiplo.

mercoledì 9 dicembre 2015

Una nuova strategia vaccinale antiinfluenzale per i malati di #mieloma

ORLANDO (Usa), 9 dicembre - E’ una nuova strategia vaccinale, disegnata apposta per ridurre il rischio di ammalarsi di influenza nei pazienti affetti da tumori che interessano il sistema immunitario, quali il #mieloma multiplo. Questi soggetti sono particolarmente suscettibili a infezioni di tutti i tipi e ammalarsi di influenza per loro può significare anche andare incontro alla morte.
Messo a punto dai ricercatori dello Yale Cancer Center la nuova strategia anti-influenzale è stata presentata al 57° congresso dell’American Society of Hematology, a Orlando (USA).

Sebbene i pazienti con #mieloma o altre patologie a carico delle plasmacellule possano fare la vaccinazione antinfluenzale annuale, alcuni studi hanno dimostrato che non è sufficiente per proteggerli dalla malattia, visto che non sollecita un’adeguata risposta immunitaria.
 

Per questo i ricercatori di Yale hanno messo a punto una muova strategia consistente nella somministrazione di un vaccino antinfluenzale ad alte dosi, seguito da una secondo ‘booster’, sempre ad alta dose, a circa un mese di distanza. Questo vaccino ad alta dose (Fluzone High-Dose) esiste già negli USA, dove è stato approvato dall’FDA nel 2009. Nessuno però finora lo aveva impiegato con queste modalità.
 
Gli autori dimostrano che questa strategia vaccinale riesce a portare il rischio influenzale ad uno scarso 6%, contro il 20% atteso, ed è in grado di migliorare protezione contro tutti i ceppi influenzali,  coperti dal vaccino nel 66% dei pazienti.
 
“Usando un vaccino già approvato, ma con un nuovo schema di somministrazione, abbiamo avuto risultati promettenti in questo gruppo di pazienti ad elevato rischio di infezione – spiega Andrew Branagan, Yale University – Speriamo di confermare questi risultati in un più ampio studio randomizzato che partirà a Yale durante la stagione influenzale 2015-16. L’idea che abbiamo è che questa strategia potrà essere d’aiuto anche ad altre popolazioni di pazienti oncologici”.
 
Lo studio è stato finanziato dallo Arthur R. Sekerak Cancer Research Fund, parte del fondo filantropico dello Yale Cancer Center.


lunedì 30 novembre 2015

Approvato in USA Emplicit, secondo anticorpo monoclonace anti #mieloma


NEW YORK, 30 novembre  - Oggi la statunitense Food and Drug Administration ha concesso l'approvazione per Empliciti (ELOTUZUMAB) in combinazione con altri due terapie per il trattamento di persone affette da mieloma multiplo che hanno ricevuto da uno a tre farmaci precedenti.
Il mieloma multiplo è una forma di cancro del sangue che si verifica nelle cellule del plasma che combattono le infezioni (un tipo di globuli bianchi) si trovano nel midollo osseo. Queste cellule cancerose si moltiplicano, producono una proteina anomala che spinge fuori altre cellule ematiche sane dal midollo osseo. Questa malattia può provocare un indebolimento del sistema immunitario, e causare altri problemi ossei e renali. Il National Cancer Institute stima che ci saranno 26.850 nuovi casi di mieloma multiplo e 11.240 decessi correlati negli Stati Uniti quest'anno.  
"Stiamo continuando a imparare circa i modi in cui il sistema immunitario interagisce con diversi tipi di cancro, tra cui il mieloma multiplo", ha detto Richard Pazdur, MD, direttore dell'Ufficio di Ematologia e Oncologia  nel Centro della FDA per la valutazione dei medicinali e della ricerca ". L' approvazione di oggi riguarda il secondo anticorpo monoclonale per trattare pazienti con mieloma multiplo e lavora assieme a un'altra terapia, il  Darzalex (daratumumab), approvato all'inizio di questo mese,  che è l'unico altro anticorpo monoclonale accettato dalla FDA per il trattamento di pazienti con mieloma multiplo.
Empliciti attiva il sistema immunitario del corpo per attaccare e uccidere le cellule di mieloma multiplo. E' stato approvato in combinazione con un altro trattamento approvato dalla FDA per il mieloma multiplo, il Revlimid (lenalidomide) + desametasone (un tipo di corticosteroide).

domenica 22 novembre 2015

La FDA ha concesso l'approvazione accelerata per il daratumumab, nuova frontiera del #mieloma


WASHINGTON, 22 novembre - La Food and Drug Administration ha concesso l'approvazione accelerata per Darzalex (daratumumab) per il trattamento di pazienti con mieloma multiplo che hanno ricevuto almeno tre trattamenti precedenti, tra cui un inibitore del proteasoma e un agente immunomodulante, o che sono refrattari alle cure,  L'iniezione di Darzalex , un anticorpo monoclonale che funziona aiutando alcune cellule nelll'opporsi all' attacco delle cellule tumorali al sistema immunitario, è il primo anticorpo monoclonale approvato per il trattamento del mieloma.

Richard Pazdur, MD, direttore dell'Ufficio di ematologia e oncologia della FDA per la valutazione della droga e la ricerca, ha detto in una dichiarazione ."Darzalex offre un'altra opzione di trattamento per i pazienti affetti da mieloma multiplo che sono diventati resistenti ad altre terapie."

Il programma di approvazione accelerata, in base al quale è stata approvata Darzalex, permette alla FDA di approvare un farmaco per il trattamento di una grave malattia sulla base di dati clinici che dimostrano che il farmaco ha un effetto su un endpoint surrogato che è ragionevolmente in grado di prevedere un beneficio clinico per i pazienti.

Sicurezza ed efficacia per Darzalex sono state dimostrate in due studi . Nello studio di fase II MMY2002 (SIRUS) su 106 pazienti con mieloma multiplo che avevano ricevuto una mediana di cinque linee di precedente terapia, tra cui un inibitore del proteasoma e un agente immunomodulante,, tutti hanno ricevuto Darzalex e 31 pazienti hanno avuto una riduzione totale o parziale nella loro massa tumorale. La risposta è durata in media di 7,4 mesi. Nell'altro studio, 42 pazienti hanno ricevuto Darzalex e 15 pazienti hanno avuto una riduzione totale o parziale nella loro massa tumorale.

Gli effetti indesiderati più comuni per Darzalex erano reazioni correlate all'infusione, stanchezza, nausea, mal di schiena, febbre e tosse. Darzalex può anche causare linfopenia, neutropenia, leucopenia, anemia e trombocitopenia. E reazioni gravi riportati con il trattamento con Darzalex includono broncospasmo, dispnea, ipossia e ipertensione.

Banche del sangue devono essere informati che i pazienti stanno ricevendo Darzalex perché il farmaco può interferire con alcuni test che sono fatte dalle banche del sangue (come lo screening di anticorpi) per i pazienti che hanno bisogno di una trasfusione di sangue, secondo una dichiarazione da parte della FDA. Le donne in gravidanza non dovrebbero utilizzare Darzalex, e le donne che pianificano una gravidanza devono usare contraccettivi efficaci durante e per almeno tre mesi dopo il trattamento.

Darzalex è commercializzato da Janssen Biotech.

martedì 17 novembre 2015

MIELOMA, gli italiani sopravvivono di più


ROMA, 17 novembre - Il mieloma è un tumore del sangue che origina dalle plasmacellule, cioè da cellule localizzate prevalentemente nel midollo osseo. I suoi sintomi non sono caratteristici, ma eterogenei: in un terzo dei casi, infatti, la diagnosi è casuale, dopo esami del sangue di routine che evidenziano la componente monoclonale. Quando il mieloma è sintomatico, invece, si possono avere dolori alle ossa (nel 50% dei casi) e insufficienza renale (tra il 10-20%), oppure manifestazioni caratteristiche causate dall’eccessiva produzione di plasmacellule nel midollo osseo (anemia, piastrinopenia) e predisposizione alle infezioni per riduzione dei globuli bianchi (leucopenia). Sono alcuni dei dati emersi nel corso di un incontro che si svolge oggi a Roma, presso l’Hotel Nazionale. “Le cause del mieloma- hanno spiegato gli esperti- non sono ancora completamente chiare. Non è una malattia ereditaria, infatti, anche se la predisposizione genetica individuale gioca un ruolo importante. È noto che l’esposizione ad alcune sostanze chimiche (derivati petrolchimici, insetticidi o erbicidi utilizzati in agricoltura), a radiazioni o a certi virus potrebbe aumentare il rischio di sviluppare la malattia. Tra i fattori di rischio, poi, c’è anche l’obesità”. Quanto alla diagnosi precoce, hanno spiegato ancora gli esperti, “è difficile, perché molti pazienti non presentano sintomi fino allo stadio avanzato della malattia o manifestano disturbi generici, che potrebbero essere causati da altre patologie”.
In questo senso, l’esame del sangue e delle urine “può fornire una prima indicazione della presenza di tumore delle plasmacellule- hanno sottolineato nel corso dell’incontro- attraverso l’osservazione di elevati livelli di immunoglobuline. Bassi livelli di emoglobina e piastrine possono infatti essere indicativi, così come quelli di albumina, se il tumore è in stadio avanzato. Anche alti livelli di beta-2 microglobulina e di calcio possono essere indicativi”. La biopsia del midollo osseo, fondamentale per la diagnosi di mieloma, consiste “nel prelievo di un frammento di midollo e di osso con una siringa, seguito dalla ricerca di cellule tumorali nell’aspirato midollare. La diagnosi si completa quindi con ulteriori esami specifici di diagnostica per immagini, comeradiografie, tomografia, risonanza magnetica e Pet“. Ma quanti sono i tipi di mieloma? “Il mieloma multiplo- hanno risposto ancora gli esperti- si può presentare in varie forme. C’è il mieloma multiplo, che è il più comune: le plasmacellule tumorali sono localizzate prevalentemente nel midollo osseo e producono una grande quantità di anticorpo, la componente monoclonale, che si riversa in circolo; il mieloma micromolecolare, in cui le plasmacellule producono solo catene leggere di immunoglobuline (anticorpi); il mieloma non secernente, in cui le plasmacellule non producono anticorpi, ma sono presenti in quantità eccessiva; il plasmocitoma solitario, che consiste in un accumulo di plasmacellule che si localizza solo in un osso o in una sede extra-midollare; la leucemia plasmacellulare, caratterizzata da elevati livelli di plasmacellule nel sangue; il mieloma indolente, infine, che è asintomatico- hanno concluso- e che non presenta lesioni alle ossa o in altri organi”.
GLI ITALIANI SOPRAVVIVONO DI PIU’ –  La sopravvivenza dei pazienti italiani colpiti da mieloma multiplo è più alta della media europea. Infatti nel nostro Paese il 42% delle persone affette da questo tumore del sangue è vivo a cinque anni dalla diagnosi rispetto al 39% dei cittadini europei. “Questi dati sottolineano l’eccellente livello delle cure in Italia- spiega il prof. Fabrizio Pane, presidente della Società Italiana di Ematologia (Sie), in un incontro con i giornalisti oggi a Roma- La malattia si manifesta quando una plasmacellula, un tipo di cellula presente nella parte centrale del midollo osseo, diventa cancerosa e si moltiplica senza controllo. Oggi si stanno aprendo importanti prospettive grazie all’immuno-oncologia, che rinforza il sistema immunitario contro il tumore. Una nuova molecola immuno-oncologica sperimentale, elotuzumab, ha ridotto in maniera significativa il rischio di progressione della malattia”. Si stimano circa 2.300 nuovi casi di mieloma multiplo ogni anno fra gli uomini (1,2% di tutti i tumori) e 2.100 fra le donne (1,3%). L’incidenza aumenta con l’età: è più frequente negli over 60 (il 38% è over 70), solo il 5-10% dei pazienti è under 40. Così in un comunicato Intermedia.
“L’immuno-oncologia- afferma il prof. Francesco Cognetti, Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma- ha già dimostrato di essere efficace nel trattamento dei tumori solidi, a partire dal melanoma fino a neoplasie più frequenti come quelle del polmone e del rene in fase avanzata. Il 20% dei pazienti colpiti da melanoma oggi è vivo a 10 anni. Nel tumore del polmone non a piccole cellule non squamoso (adenocarcinoma) in fase avanzata, il 39% è vivo a 18 mesi. E il 20% delle persone colpite dalla forma non a piccole cellule squamosa metastatica è vivo a tre anni. Siamo di fronte a risultati davvero impressionanti in tumori che, prima dell’arrivo dei farmaci immuno-oncologici, presentavano scarse opzioni terapeutiche”. I trattamenti per il mieloma multiplo includono chemioterapia e corticosteroidi per eliminare le cellule tumorali e terapie mirate per bloccarne la crescita. Uno dei sintomi tipici della malattia è rappresentato dal dolore alle ossa, infatti i bifosfonati vengono utilizzati per ridurre questo disturbo e il rischio di fratture ossee. “La somministrazione di farmaci chemioterapici ad alte dosi con successivo trapianto di cellule staminali, in grado di ricostituire il tessuto midollare distrutto dal trattamento, ha migliorato i risultati. Però gli over 65 sono generalmente esclusi dal trapianto. La radioterapia è impiegata come terapia di supporto per alleviare i sintomi. Va ricordato che l’obiettivo del trattamento è costituito dal controllo della patologia e dal miglioramento della sopravvivenza. Molti pazienti manifestano cicliche remissioni e recidive, tra le quali sospendono il trattamento per un breve periodo per eventualmente riprenderlo. Dopo la recidiva, meno del 20% dei pazienti è vivo a 5 anni. La possibilità di utilizzare l’immuno-oncologia anche nei tumori del sangue costituisce una svolta decisiva”, conclude il prof. Pane, presidente della Sie.

venerdì 16 ottobre 2015

TESTIMONIANZE/ "Ecco come il daratumumab mi sta salvando la vita dal #mieloma"

L'UNC Cancer center di Capitol Hill, il Nord Carolina

 
Pat Killingsworth
Living with myeloma è il blog di Pat Killingsworth di Tampa, Florida. E’ malato di mielina dal 2007. Oltre al blog, sulla sua vicenda medica e sui problemi del mieloma ha scritto 4 libri: uno, Vivere con il mieloma, è già alla terza edizione. Stavolta si occupa di daratumumab, che non è una parola magica del Mago Merlino, ma la nuova immunoterapia sulla quale tutti noi contiamo. Il farmaco, attualmente ancora in fase di sperimentazione sui pazienti, è prodotto dalla Johnson & Johnson, che ne chiederà la commercializzazione in Europa e Stati Uniti entro la fine dell’anno.
Ma ecco quello che scrive Pat: 

I primi rapporti sulla nuova immunoterapia, daratumumab, sono stati buoni. Mike, da North Carolina, recentemente è stato iscritto ad un processo di sperimentazione. Lui ha deciso di condividere una e-mail inviata i suoi amici per parlare dei primi risultati. Ecco un estratto:

“I risultati della catena leggere libere ci sono stati e sono fantastici! Dopo quattro infusioni di daratumumab, le catene leggere Kappa sono diminuite da 48.22 mg/dL a 3.96 mg/dL! I risultati sono stati così forti che il laboratorio ha deciso di ripetere il test per verificare il risultato che è  stato confermato.
Se si sta pregando per me, per favore non fermatevi e per favore pregate per questo nuovo farmaco in studio che mi ha messo in remissione per la seconda volta.
Per 7 anni mi sono chiamato Remissionary Mike. In realtà, ero l'unico Remissionary in America del Nord, un territorio enorme!
Poi nel 2010 sono ricaduto. Ho smesso di chiamarmi un Remissionary e ho iniziato a prendere di nuovo la chemio. Ho avuto circa 4 diverse chemio tossiche in questi ultimi 5 anni, e poi ho rinunciato perché non riuscivo a prenderne più. Il mio QOL (Qualità della vita) era andato a zero. Non posso avere alcuna chemio più tradizionale, quindi questo solo un mirato farmaco terapia molto meno tossico può essere il trattamento di cui avevo bisogno. Il daratumumab è diventato solo disponibile nell’ UNC Cancer Center di Chapel Hill (Nord Carolina) e il mio oncologo è il responsabile dello studio. Sono diventato il primo paziente arruolato in questo studio clinico a UNC.
Forse potrò usare il mio titolo "Remissionary" ancora una volta!
Straordinario come questo accada a certe persone, proprio al momento giusto. Il mese prossimo inizierò il mio 12 ° anno con mieloma multiplo! La maggior parte dei pazienti, come me diagnosticati nel 2004, è morto entro sei anni.
Dovete conoscere qualcuno per entrare in Paradiso. Secondo la Bibbia, non c'è altro modo! Fatemi sapere se avete bisogno di un rinvio. Forse posso aiutare".

Non so se essere più eccitato del fatto che Mike stia facendo così bene o circa l'efficacia promettente daratumumab come singolo agente. Impressionante!
Mike fa parte di una sperimentazione clinica di fase 4 che coinvolge daratumumab presso la University of North Carolina a Chapel Hill. Er stato diagnosticato nel 2004
Poi, come si legge sopra, LE terapie anti-mieloma tradizionali o non haNNO funzionato per lui, o erano così tossicHE che aveva bisogno di fermarsi. Che benedizione questo daratumumab deve essere per Mike e pieno di speranza e incoraggiamento per il resto di noi!


Pat

lunedì 12 ottobre 2015

MIELOMA/ Due nuovi studi sulle cellule T

Le cellule T, nuova profontiera per noi malati di mieloma, sono prtagosti di due studi clinici avanzati, in Germania e di Baltimora.
CAR T immunoterapia cellulare
Germania
Hermann Einsele, MD e Michael Hudecek, MD, dell'Università di Würzburg, in Germania
Il dott Einsele e il dottor Hudecekd studiano la ingegneria dei globuli bianchi (o linfociti T) con un recettore specifico per attaccare due specifiche proteine ​​(CS1 e BCMA) trovate sulle cellule del mieloma, ma non sulle cellule normali. Questo è un trattamento "non-trapianto" e secondo il dottor Michael Sadelain del Memorial Sloan Kettering Cancer Center, si tratta di un approccio completamente nuovo. "La terapia CAR è allo stesso tempo di terapia cellulare, terapia genica, e immunoterapia", spiega Sadelain."Rappresenta una svolta radicale da tutte le forme di medicina esistenti fino ad oggi." Un campione di sangue viene prelevato dal paziente, le cellule immunitarie che combattono sono costruite con i recettori e quando sono restituite al paziente 14 giorni più tardi, le cellule sono addestrate a cercare e distruggere le cellule del mieloma con target sulla loro superficie. Questa ricerca porterà risultati entusiasmanti.
Maggiore Immunoterapia T-Cell con trapianto autologo
Dr Borello
Dr. Ivan Borrello, MD, PhD - Johns Hopkins lSidney Kimmel Comprehensive Cancer Center
Il dottor Borrello sta usando un approccio completamente nuovo di utilizzare il maggior numero di globuli bianchi specifici per la malattiaformando cellule che "sanno" che cosa attaccare. Pochi giorni dopo il trapianto autologo, d la loro "formazione" li aiuta a andare contro centinaia di cellule tumorali paziente-specifiche. Con la naturale ricrescita del sistema immunitario del corpo dopo il trapianto, questo dà al trattamento una doppia spinta. Questo lavoro è già nei primi studi clinici. Il modo di usare il sistema immunitario del paziente per colpire le cellule di mieloma si chiama terapia adattiva cellule T con (linfociti infiltranti il midollo) MILS. Dr. Ivan Borrello è un pioniere nell'uso di questa terapia (già in uso nei cancri al seno, della prostata e del pancreas) nel mieloma multiplo. Lui sta usando l'immunoterapia con chemioterapia ad alte dosi.

giovedì 1 ottobre 2015

LOTTA AL MIELOMA, l'Ema dice sì alla commercializzazione di KYPROLIS


ROMA, 1 ottobre - Una doppia, buona notizia per i pazienti affetti da malattie oncoematologiche: il Comitato dei Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha espresso parere favorevole all’autorizzazione all’Immissione in commercio di carfilzomib (Kyprolis) in associazione a lenalidomide e desametasone per il trattamento dei pazienti adulti con mieloma multiplo già sottoposti ad almeno una precedente terapia e di blinatumomab,  una terapia per il trattamento degli adulti con leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B recidivante o refrattaria negativa per il cromosoma Philadelphia (LLA). “Siamo soddisfatti di aver ricevuto il parere favorevole da parte del CHMP per entrambi i farmaci perché si tratta di un importante passo avanti per offrire nuove opzioni terapeutiche ai pazienti europei con forme rare di tumore – ha dichiarato Sean E. Harper, M.D., Executive Vice President of Research and Development di Amgen – Per i pazienti con mieloma multiplo, il periodo di remissione della malattia si accorcia a ogni nuovo ciclo di trattamento mettendo, così, in evidenza la necessità di nuove terapie. I risultati dello studio ASPIRE hanno dimostrato che carfilzomib ha prolungato il periodo di sopravvivenza libera da progressione di malattia. Allo stesso modo, anche i pazienti con leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B recidivante o refrattaria hanno un urgente bisogno di nuovi farmaci”.
Carfilzomib è un inibitore del proteosoma utilizzato nel trattamento dei pazienti con mieloma multiplo. I proteosomi giocano un ruolo importante nel funzionamento e nella crescita delle cellule, poiché degradano le proteine danneggiate o che non servono più. Carfilzomib blocca il proteosoma con conseguente elevato accumulo di proteine nelle cellule, in modo particolare in quelle con alte concentrazioni di proteine anomale, come ad esempio le cellule di mieloma; tale accumulo di proteine danneggiate porta al blocco e alla successiva morte cellulare. Blinatumomab è il primo di una classe di anticorpi  bispecifici sperimentato in studi clinici. Agisce sulle cellule T con un meccanismo d’azione innovativo in grado di aiutare il sistema immunitario a combattere il cancro. Dopo il parere favorevole del CHMP sarà ora la Commissione Europea (CE), che autorizza i farmaci per l’Unione Europea, a finalizzare l’iter registrativo con l’emanazione di un’autorizzazione centralizzata alla commercializzazione in tutti i 28 Paesi membri della UE, nonché in Islanda, Liechtenstein e Norvegia.

venerdì 25 settembre 2015

Mieloma: pomalidomide, una speranza in più (rimborsabile). La storia di Sylvie Menard


MILANO, 25 settembre - Un tempo, prima di ammalarsi, si sentiva «“immortale”»; oggi, da paziente, «sei mesi di vita in più mi sembrano una cosa meravigliosa». Un cambio di prospettiva radicale, quello confessato da Sylvie Ménard, oncologa dell’Istituto tumori di Milano, che si accompagna a un almeno altrettanto radicale cambio di condizione: una decina d'anni fa, leggendo i risultati delle proprie analisi alle quali si sottoponeva di routine, l'oncologa scoprì di avere lei stessa un tumore, per la precisione un mieloma multiplo. A un decennio di distanza, Ménard era martedì 22 settembre a Roma per testimoniare quanta strada ha fatto la ricerca scientifica in questo arco di tempoSylvie Menard, oggi 67 enne, ha lavorato per 45 anni nel Dipartimento di Oncologia sperimentale dell’Istituto Nazionale dei Tumori, da ultimo come Direttore del Dipartimento.  Ha voluto anche scrivere il libro: “Si può curare” (Edizioni Mondadori). Una testimonianza di coraggio e di voglia di vivere. Dice: "E' mia ferma convinzione che la volontà, la voglia di vivere, assieme ovviamente ai progressi della ricerca, sono oggi le armi vincenti contro il tumore».
Proprio nelle ultime settimane, per esempio, l'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, ha approvato la rimborsabilità a carico del Servizio sanitario nazionale di un immunomodulatore orale: pomalidomide, in associazione a desametasone, nel trattamento del mieloma multiplo recidivato e refrattario in pazienti adulti già sottoposti ad almeno due regimi terapeutici, comprendenti sia lenalidomide che bortezomib, che hanno manifestato progressione di malattia durante l’ultima terapia.

«La quasi totalità dei pazienti con mieloma multiplo sono a rischio di recidiva, ovvero la loro malattia potrebbe progredire nonostante la risposta iniziale al trattamento – ricorda Fabrizio Pane, presidente della Società italiana di ematologia - e molti manifestano resistenza a diverse terapie. Le numerose ricadute rendono necessaria la disponibilità di nuove terapie per un miglior controllo della patologia, specie nelle sue forme refrattarie alle cure». L’approvazione da parte dell'Aifa di pomalidomide e «il riconoscimento della sua innovatività apre un nuovo scenario terapeutico per i pazienti con mieloma multiplo» sostiene Pasquale Frega, presidente e amministratore delegato di Celgene Italia, l'azienda che lo produce. «Il nostro impegno e l’investimento in Ricerca e sviluppo – aggiunge Frega - ci consentono di fornire trattamenti mirati per tutti gli stadi del mieloma multiplo, a partire dalla diagnosi fino alle fasi più avanzate di malattia».

giovedì 17 settembre 2015

Da ieri disponibile il nuovo farmaco pomalidomide (Imnovid) per la cura del #mieloma


ROMA, 17 settembre - Da ieri disponibile anche in Italia il nuovo farmaco per la cura del mieloma multiplo che verrà presentato alla stampa il 22 settembre 2015 alle 11.30 a Roma, presso il Palazzo Rospigliosi (Via Ventiquattro Maggio, 43).
Il nuovo farmaco disponibile per i pazienti con  mieloma multiplo, una rara forma di tumore del midollo osseo che colpisce le plasmacellule, una componente fondamentale del sistema immunitario, è pomalidomide, che potrà essere utilizzato, in associazione con desametasone nel trattamento di pazienti adulti con mieloma multiplo recidivato e refrattario, sottoposti ad almeno due precedenti terapie, comprendenti sia lenalidomide che bortezomib, e con dimostrata progressione della malattia durante l’ultima terapia. Pomalidomide a cui Aifa ha riconosciuto il carattere di innovatività, ha dimostrato negli studi clinici di prolungare significativamente  la sopravvivenza dei pazienti.
Ne discuteranno il 22 il Prof. Antonio Palumbo, Divisione Universitaria di Ematologia, Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza di Torino, il Prof. Fabrizio Pane, U.O. Ematologia e Trapianto di Midollo, Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, il Prof. Pier Luigi Canonico, Dipartimento di Scienze del Farmaco, Università degli Studi del  Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”- Vercelli, Novara, Alessandria, il Dr. Pasquale Frega, Presidente e Amministratore Delegato Celgene e il Dr. Gianni de Crescenzo, Direttore Medico Celgene.
Sviluppato da Celgene, il farmaco sarà messo in commercio con il marchio Imnovid. Si tratta del terzo farmaco della classe degli immunomodulatori che comprende anche talidomide e lenalidomide, entrambi di Celgene. A causa della possibile teratogenicità, analogamente a talidomide e lenalidomide, il farmaco è sottoposto a un programma di minimizzazione del  rischio che prevede un attento controllo di tutte le fasi di distribuzione e utilizzazione del prodotto.
Lo scorso mese di dicembre, l’azienda aveva reso noti i risultati di uno studio di Fase III, multicentrico, randomizzato (2:1), in aperto denominato MM-003 che ha arruolato 455 pazienti. Il trial è stato condotto con pomalidomide associato a desametasone a basso dosaggio rispetto a desametasone ad alto dosaggio in pazienti affetti da mieloma multiplo refrattario o recidivante e refrattario che non hanno risposto a una precedente terapia a base di bortezomib e lenalidomide, somministrati da soli o in combinazione.
Lo studio MM-003 ha soddisfatto l'endpoint primario per il miglioramento del tasso di sopravvivenza senza progressione della malattia che nel gruppo pomalidomide (4,0 mesi vs 1,9 mesi; HR, 0,48; P =0,001).
Lo studio prevedeva anche un'analisi ad interim di sopravvivenza globale (OS). In questa analisi, pomalidomide più desametasone a basso dosaggio ha dimostrato un miglioramento statisticamente molto significativo della sopravvivenza globale che ha attraversato il limite superiore per la superiorità (OS mediana non raggiunta vs 34 settimane).
Di conseguenza, il comitato per il monitoraggio dei dati ha raccomandato che i pazienti che non avevano ancora progredito trattati con alte dosi di desametasone passino a pomalidomide più un basso dosaggio di dexamethasone.
Noto anche con la sigla CC-4047, pomalidomide è un derivato è un derivato più potente e meglio tollerato della talidomide. Il farmaco agisce come immunomodulatore, probabilmente a causa dell'inibizione del TNF alfa da parte delle plasmacellule tumorali, che lo usano come fattore di crescita e mediatore di molta della sintomatologia (febbre, osteopenia, ecc.). Può essere assunto per via orale.

giovedì 3 settembre 2015

L'agenzia europea del farmaco autorizza la commercializzazione di IXAZOMIB, inibitore orale del MIELOMA


TOKIO - L’azienda giapponese Takeda ha annunciato oggi che l’Agenzia Europea per i Medicinali (Ema) ha accettato la domanda di autorizzazione alla commercializzazione di ixazomib, nuovo inibitore orale del proteasoma per il trattamento dei pazienti con mieloma multiplo recidivato e/o refrattario. La decisione segue il via libera ricevuto lo scorso 23 luglio dal Comitato per i Medicinali per Uso Umano dell’Agenzia per la valutazione accelerata del farmaco. Negli Stati Uniti la farmaceutica nipponica ha già depositato il dossider presso l’Fda statunitense lo scorso 17 luglio.
La domanda di autorizzazione alla commercializzazione d’ixazomib si basa sui risultati della prima analisi ad interim pre-specificata dello studio clinico di fase 3 TOURMALINE-MM1, un trial internazionale, randomizzato, in doppio cieco, su 722 pazienti disegnato per valutare la superiorità di ixazomib più lenalidomide e desametasone in confronto a placebo più lenalidomide e desametasone in pazienti adulti con mieloma multiplo recidivato e/o refrattario.
“Le domande di autorizzazione di ixazomib in Europa e negli Stati Uniti sono le prime di una serie che prevediamo di presentare entro la fine di questo anno fiscale – ha dichiarato Melody Brown , vice Presidente di Regulatory Affairs dell’azienda – Speriamo di trattare il prima possibile quanti più pazienti con mieloma multiplo recidivato e/o refrattario”.

venerdì 28 agosto 2015

DARATUMUMAB, nuovi importanti risultati dalla sperimentazione come monoterapia sui malati di MIELOMA


AMSTERDAM 28 agosto - Importanti novità sulla promettente nuova immunoterapia, il daratumumab, che continua a muoversi rapidamente verso l'approvazione della FDA. Daratumumab appartiene a una nuova classe di farmaci, quella degli anticorpi monoclonali diretti contro la proteina di superficie CD38.
The New England Journal of Medicine mostra  che il daratumumab, durante la  fase di sperimentazione umana, ha dimostrato un profilo di sicurezza accettabile come monoterapia nei pazienti con mieloma multiplo che avevano recidivato dopo o erano refrattari (resistenti) per almeno due o più linee precedenti di terapia, compresi gli inibitori del proteasoma (PI), agenti immunomodulatori ( IMiD), la chemioterapia e trapianto di cellule staminali autologhe. Daratumumab anche dimostrato un 36 per cento il tasso di risposta globale (ORR) nei pazienti trattati con 16 mg / kg , con risposte migliorate nel tempo. I pazienti arruolati nello studio avevano una mediana di quattro linee precedenti di terapia e 64 per cento erano refrattari a entrambi i PI e IMiD. "Quello che è impressionante su questo studio è che la monoterapia ha indotto risposte durevoli migliorate o approfondite, nel corso del tempo e il 65 per cento dei pazienti che hanno risposto è rimasto in remissione a 12 mesi," ha detto l'autore Henk M. Lokhorst, MD, Ph.D. , del Dipartimento di Ematologia, VU University Medical Center, Amsterdam, Paesi Bassi"Questi risultati parlano DEL potenziale di daratumumab come opzione per i pazienti affetti da mieloma multiplo che non rispondono più alle terapie esistenti."
Gravi eventi avversi (AE) si sono verificati nel 33 per cento dei pazienti. Reazioni correlate (IRR) si sono verificate nel 71 percento dei pazienti sia nell'uso 8 mg / kg si nei 16 mg / kg ed erano tutti di gradi 1 e 2, fatta eccezione per il verificarsi di reazioni di grado 3 in un paziente. La maggior parte di IRR si sono verificati durante la prima infusione, meno durante le infusioni successive. Nessun paziente ha interrotto il trattamento a causa di un IRR. Gli eventi avversi più comuni con daratumumab comprendono affaticamento (39,6%), anemia (33%), nausea (29,2%), trombocitopenia (25,5%), mal di schiena (22,6%), neutropenia (22,6%), e la tosse (20,8%).
Il daratumumab dovrebbe essere approvato entro la fine dell'anno o all'inizio del 2016. Se avremo il tempo...

mercoledì 29 luglio 2015

L'Agenzia europea per i medicinali accelera l'esame di IXAZOMIB, rivoluzionario inibitore orale delle cellule malate del #MIELOMA

OSAKA (Giappone) - Takeda Pharmaceutical Company Limited ha oggi annunciato che il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha concesso una valutazione accelerata per ixazomib, un inibitore orale sperimentale del proteasoma per il trattamento dei pazienti affetti da mieloma multiplo recidivato e/o refrattario. Il proteasoma è un complesso multiproteico presente all’interno delle cellule che controlla la stabilità di numerose proteine che regolano la progressione attraverso il ciclo cellulare e l'apoptosi , come cicline, chinasi ciclica-dipendente, tumor suppressor, e il fattore nucleare kB. Alterando la stabilità o l'attività di queste proteine gli inibitori del proteasoma rendono sensibili le cellule tumorali all'apoptosi che muoiono. L'EMA concede una valutazione accelerata per i farmaci potenzialmente importanti nell'ambito della sanità pubblica e, in particolare, per l'innovazione terapeutica. Takeda prevede di presentare una domanda di autorizzazione all'immissione in commercio per ixazomib nell'Unione europea (UE) nelle prossime settimane.
Nel 2014 Ixazomib ha avuto la designazione di terapia innovativa dalla Food and Drug Administration (FDA) per l’amiloidosi (AL) recidivata e/o refrattaria. È anche il primo inibitore orale del proteasoma a entrare in uno studio clinico di fase 3.
Sono quattro gli studi clinici di fase 3 in corso a livello mondiale: Tourmaline-MM1 studia ixazomib vs placebo in combinazione con lenalidomide e desametasone nel MM recidivato e/o refrattario; Tourmaline-AL1 studia ixazomib più desametasone nei pazienti con amiloidosi AL recidivata o refrattaria; Tourmaline-MM2 studia ixazomib vs placebo in combinazione con lenalidomide e desametasone nei pazienti con nuova diagnosi di MM; eTourmaline-MM3 studia ixazomib vs placebo come terapia di mantenimento nei pazienti di nuova diagnosi di MM in seguito a terapia di induzione e trapianto autologo di cellule staminali.

sabato 25 luglio 2015

La FDA Usa approva la combinazione Kyprolis-Revlimid per il #mieloma recidivato


WASHINGTON, 25 luglio - Ieri la Food and Drug Administration ha approvato carfilzomib (Kyprolis, Onyx Pharmaceuticals, Inc., una consociata Amgen) in combinazione con lenalidomide (reviimid) e desametasone per il trattamento di pazienti con mieloma multiplo recidivato che hanno ricevuto 1-3 linee precedenti della terapia.
 
L'approvazione si è basata su una dimostrazione di miglioramento della sopravvivenza libera da progressione (PFS) in uno studio multicentrico che ha arruolato 792 pazienti con recidivo o refrattario mieloma multiplo dopo 1-3 linee di terapie precedenti. I pazienti sono stati randomizzati (1: 1) per ricevere lenalidomide e desametasone con o senza carfilzomib per 18 cicli. Lenalidomide e Desametasone sono continuate in seguito fino alla progressione della malattia. 
 
Un prolungamento statisticamente significativo della sopravvivenza libera da progressione, come determinato da un comitato di revisione indipendente, è stato dimostrato in tutti i sottogruppi esaminati, ma la grandezza dell'effetto del trattamento è stata ridotta nei pazienti con più elevato carico tumorale). 
 
L'analisi ad interim di sopravvivenza globale (OS è stata condotta allo stesso tempo. La differenza di OS non ha raggiunto il limite prespecificato di significatività statistica. Una risposta parziale è stato raggiunto dall'87% dei pazienti.
 
L'etichettatura rivista include nuove avvertenze e precauzioni per TEV, tossicità cardiaca, insufficienza renale acuta, tossicità polmonare e l'ipertensione. I maggiori rischi per la sicurezza, compresa la mortalità, è descritta per i pazienti anziani. 
 
Gli operatori sanitari devono tenere presente che la dose raccomandata per carfilzomib schema è stato rivisto per essere utilizzato come monoterapia o in combinazione con lenalidomide e desametasone.
 
Informazioni complete sulla prescrizione, comprese le informazioni cliniche di prova, la sicurezza, il dosaggio, interazioni farmacologiche e controindicazioni è disponibile all'indirizzo: http://www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_docs/label/2015/202714s009lbl.pdf

sabato 18 luglio 2015

SCONFIGGERE il #mieloma con donatori non compatibili: si fa a PARMA

PARMA, 18 luglio - Sconfiggere le leucemie grazie a donatori (di midollo o di cellule staminali) non compatibili. A Parma dal 2012 nel reparto di Ematologia e centro trapianti midollo osseo sono stati eseguiti 30 trapianti di questo tipo, riferisce la Gazzetta di Parma. A giugno di quest'anno uno di questi interventi ha utilizzato una tecnica, sperimentata per la prima volta sull'uomo, i cui risultati saranno presentati in un convegno che fra il 4 e il 6 settembre porterà a Parma 50 relatori specializzati nel trapianto «aploidentico», ossia il trasferimento di cellule staminali in cui il donatore è un familiare solo parzialmente compatibile.
Franco Aversa, che dirige il reparto dal 2011, è stato fra i pionieri in Italia del trapianto incompatibile, che offre prospettive di guarigione a molti pazienti che non avevano altre alternative di cura, e che ha ampliato la fascia di età dei trapiantati.
«Di recente abbiamo operato un settantenne. Negli anni Novanta l'età massima di questi trapianti era di 40 anni», spiega Aversa. Che continua: «Su 100 pazienti, poco più di 20 hanno la possibilità di trovare un donatore geneticamente compatibile fra i familiari. E anche il registro dei Donatori volontari di midollo consente il trapianto solo ad un 20-30% di pazienti in lista di attesa. Il trapianto incompatibile amplia enormemente le opportunità e garantisce un tempismo cruciale».
Dei 43 trapianti eseguiti a Parma nel 2014, 30 sono stati autologhi (usando il midollo prelevato dal paziente stesso, opportunamente manipolato) e 13 allogenici (con midollo da donatore, o con staminali prelevate da cordone di sangue ombelicale). Di questi 13, la maggioranza da donatori non compatibili. «Il trapianto è una continua palestra di ricerca di nuove procedure per migliorare i risultati», spiega Aversa.
Il caso del 54enne operato a giugno - affetto da mieloma multiplo ad alto rischio, che aveva già eseguito un trapianto autologo e la chemio - è particolarmente innovativo perchè, spiega Aversa, «abbiamo usato le cellule staminali di una donatrice non compatibile, in questo caso una sorella, e le abbiamo manipolate in laboratorio con una tecnica complessa e lunga, circa dieci ore, per portarle a una qualità e quantità cruciali per il risultato. Questo ha garantito una tollerabilità al 100%, che ha reso inutile la terapia immunosoppressiva a lungo termine».
L'infusione di cellule è avvenuta il 3 giugno e il paziente è stato dimesso il 30 giugno. È presto per parlare di guarigione, ma l'uomo sta bene: le cellule hanno attecchito, gli effetti collaterali sono stati minimi ed è stata necessaria una dose minima di chemio. Anche di questa nuova tecnica - approvata dall'Aifa e in corso di brevettazione negli Usa - si parlerà nel congresso che Aversa ha voluto a Parma, e al quale parteciperanno un centinaio di professionisti internazionali.